Centocinquanta milioni nel 2022 per gli operatori economici del settore del turismo, dello spettacolo e dell’automobile colpiti dall’emergenza Covid: è il fondo allocato al Mise previsto da un emendamento alla Legge di bilancio in discussione. Centocinquanta milioni da spartire con spettacolo e automobile, a fronte dei 24 miliardi pagati dal turismo, con gli alberghi italiani che da soli nel 2021 hanno registrato perdite per 10 miliardi di euro (-36% sul fatturato 2019), con un calo del 52,8% di turisti stranieri e del 16% per gli italiani (in undici mesi).
“È evidente – dice Marina Lalli, presidente di Federturismo Confindustria – che si tratta di briciole per un settore agonizzante come il turismo, penalizzato anche dalle ultime disposizioni che comporteranno inevitabili restrizioni ai viaggi”. “Le cancellazioni stanno già arrivando – commenta Bernabò Bocca, presidente Federalberghi -, temiamo che la situazione possa degenerare. Una mossa del genere è il colpo del ko. Capivamo il Super Green Pass, unica maniera per salvare la stagione invernale, ma questo non ha senso, rischiano di farla saltare ugualmente la stagione”. Il nuovo giro di vite, adottato alla luce dei dati sui contagi in costante crescita in Italia, ma ancor più all’estero, prevede che per entrare nel nostro Paese è necessario un tampone negativo effettuato prima (48 ore di validità per il molecolare, 24 per il rapido); per i non vaccinati, oltre al test negativo è prevista la quarantena di 5 giorni. Le conseguenze fin d’ora più evidenti sono le incertezze, quelle che zavorrano ancora il turismo delle feste e nelle città lascia vuote 6 camere su 10, come rivela un’indagine realizzata da Assoturismo Confesercenti.
“Noi chiediamo ristori adeguati – continua Lalli – per un’industria fondamentale per l’economia del nostro Paese che è ferma ormai da quasi due anni”. E Federalberghi ricorda ancora le misure ritenute indispensabili: proroga del credito d’imposta sugli affitti, l’esonero della seconda rata Imu e il rifinanziamento della cassa-Covid.
Si ritorna insomma al nodo-ristori e alla pochezza di quei 150 milioni stanziati con la Legge di bilancio. Proprio mentre Bruxelles – in maniera ben poco tempestiva – interviene parlando di “troppi progetti dal risultato limitato”, invitando i Paesi membri a correggere il tiro “per evitare soldi a pioggia inutili allo sviluppo”. Più che di pioggia, però, in questo caso si dovrebbe parlare di goccioline umide e fastidiose, assolutamente incapaci di spegnere qualsiasi arsura. Anche se un fondo di sostanza il ragionamento dell’Ue lo nasconde, quello che distingue il turismo (industria di lunga portata) dalla vacanza (puntuale, breve), con l’obiettivo di aiutare quindi il primo più della seconda, seguendo la strategia di rinnovare in qualità e competitività la filiera produttrice di offerte adatte a viaggi e soggiorni, appunto le vacanze.
Ma non è detto che le istanze Ue non possano coesistere con le richieste delle categorie: a questo punto della crisi pandemica, dopo due anni, la strada più proficua sembrerebbe sostenere nell’immediatezza gli operatori, in maniera da non dissipare un così importante tessuto produttore di valore (13% del Pil), e contestualmente programmare interventi a lungo raggio che ridisegnino i regimi fiscali incentivando best practice, aggregazioni, solidità finanziaria dei players. Che poi è quello che più volte è stato detto in varie stanze dei bottoni. Ma che ancora non è dato vedere applicato. Davvero si vuole continuare ad assistere all’ennesima guerra tra disperati, turismo, auto e spettacolo, per raccogliere almeno un po’ di quella mancia da 150 milioni?
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