C’è attesa per l’approdo della Legge di bilancio in Parlamento, dove inizierà probabilmente un dibattito acceso anche all’interno della maggioranza, considerando, per esempio, la volontà di Italia Viva di presentare un emendamento per cancellare Quota 100. C’è da chiedersi se inizierà poi il solito “assalto alla diligenza” che ha caratterizzato molti iter parlamentari delle manovre degli anni scorsi. Di certo sembra esserci un “nuovo trend”, come l’ha definito Guido Gentili sul Sole 24 Ore, nel ddl messo a punto dal Governo, visto che molte misure, dalla soglia per i pagamenti in contante agli incentivi per quelli in moneta elettronica, dal cuneo fiscale all’abolizione del superticket sanitario, partiranno solo nella seconda metà del 2020.



Gentili, quali sono secondo lei le ragioni di questa “nuova tendenza”?

Dopo le difficoltà che ci sono state nell’approvazione della Legge di bilancio “salvo intese”, questo posticipo aiuta a prendere un po’ di tempo sui terreni più scivolosi, dove ci sono stati dei confronti anche duri all’interno della maggioranza. Certo ci sono anche ragioni tecniche, visto che alcune misure richiedono ddl collegati e decreti attuativi che non possono essere approvati in poco tempo. Nel caso del cuneo fiscale, poi, c’è l’esigenza di rendere gli effetti del taglio più “visibili”, viste le poche risorse messe sul piatto. Le motivazioni sono quindi diverse, ma va evidenziato che oltre alle misure slittano anche i loro effetti, soprattutto in termini di entrate. Nel frattempo ad aprile bisognerà presentare il nuovo Def, quindi comincerà di fatto la nuova sessione di bilancio.



C’è quindi il rischio di creare incertezza con la scelta di questo rinvio, vista anche la congiuntura internazionale?

Già la situazione è complicata e difficile e ci aspettiamo una fase non di espansione, ma di ripiegamento. Oltre alle guerre commerciali, alle difficoltà della Germania cui siamo economicamente legati, c’è anche una persistente bassa inflazione nel nostro Paese, che non rappresenta un bel segnale visto anche che il debito resta alto. Ci sono quindi incertezze generali e far partire dei provvedimenti, soprattutto di carattere fiscale, a scoppio ritardato è un’incognita in più, tenuto conto che ad aprile bisognerà cominciare a fare i conti su quello che sarà il profilo dell’anno successivo.



Visti i dubbi che si rincorrono in queste settimane sulla solidità del Governo, la scelta di rinviare alcune misure alla seconda metà del 2020 obbliga in qualche modo i partiti della maggioranza a restare insieme o viceversa li rende meno vincolati?

Non saprei davvero rispondere a questa domanda. Penso che dobbiamo attrezzarci a navigare a vista quasi giorno per giorno. Perché da un lato abbiamo le reiterate affermazioni di principio, come quella recente di Renzi, per cui la tenuta del Governo è molto solida, ma dall’altro notiamo di volta in volta delle divaricazioni sulle singole misure. Vedremo in questo senso come sarà il confronto in Parlamento sulla Legge di bilancio. C’è poi il dato delle scadenze elettorali.

A cominciare dal voto di domenica in Umbria…

Inutile dire che l’appuntamento in Umbria rappresenta il primo test politico dopo la nascita del nuovo Governo con una nuova maggioranza e ha un suo significato importante. Nel caso in cui i numeri dovessero dare uno scossone all’interno della maggioranza ci sarebbero senz’altro riverberi sull’attività dell’esecutivo. A gennaio c’è poi il voto in Emilia-Romagna, dove già è in discussione l’alleanza M5s-Pd. Sono tutti elementi del quadro politico che non danno un profilo granitico della situazione. Nella quale tra l’altro si assiste a narrazioni davvero singolari.

Quali?

Per esempio, quella per cui la cedolare secca sugli affitti che passa dal 10% al 12,5% non rappresenterebbe un aumento della tassazione, ma una diminuzione perché in teoria si sarebbe dovuti passare dal 10% al 15%. Capisco che siamo un Paese in campagna elettorale permanente, ma questo tipo di narrazione non credo che faccia bene: la tassa sale di due punti e mezzo, non si può parlare di una discesa.

Per quanto riguarda invece lo scambio di lettere dei giorni scorsi tra Italia e Commissione europea, pensa che tutto possa ritenersi concluso con la risposta di Gualtieri?

Innanzitutto va segnalato che la lettera di Bruxelles è firmata da Moscovici e Dombrovskis, quindi dalla “vecchia Commissione”. È un dato di una qualche rilevanza perché la nuova Commissione, cui spetterà il giudizio finale, non è ancora pronta a entrare in carica. Ovviamente la lettera metteva in evidenza un fatto che la stessa Nadef aveva chiaramente indicato: il non rispetto della regola del debito nel percorso previsto dal Governo. Il dialogo tra Roma e Bruxelles c’è ed è diverso da quello che c’era con il Conte-1, ma è chiaro che la Commissione non può far finta di non vedere i numeri. Io non mi aspetto uno strappo immediato su questo da nessuna delle due parti. Il confronto si sposta a più in là. Solo col nuovo anno credo che capiremo qualcosa di più.

Abbiamo insomma un quadro di incertezza sia politica che economica. Fino a quando potrà durare?

Ci sono una serie di variabili, soprattutto internazionali, che sono fuori dal nostro controllo. In più è finito anche il mandato di Draghi e bisognerà quindi vedere come agirà la Bce, anche se è stata già prevista una certa continuità di politiche accomandanti che verranno messe in campo. Dal punto di vista interno, ci sono delle incertezze oggettive, perché il quadro politico è ancora in via di consolidamento diciamo, perché con il primo appuntamento importante, quello sulla Legge di bilancio, abbiamo visto che le strade non sono state molto coincidenti all’interno della maggioranza, ma ci sono stati degli strappi e c’è ancora una discussione aperta su Quota 100. Gli elementi di verifica e di incertezza sono ancora tanti.

(Lorenzo Torrisi)