A una settimana dal voto del nuovo Parlamento europeo sul prossimo presidente della Commissione Ue, Giorgia Meloni si tiene ancora le porte aperte. Lo si capisce dalle parole dette ieri da Nicola Procaccini, capogruppo di ECR (conservatori e riformisti) e luogotenente della premier a Strasburgo. Procaccini, uscendo dalla Conferenza dei presidenti, ha detto che ECR “darà libertà di voto alle delegazioni”. Questa la spiegazione: “All’interno del nostro gruppo c’è sempre stata libertà di movimento e decisione per le singole delegazioni. Cinque anni fa la delegazione di Fratelli d’Italia non votò la presidente della Commissione mentre la delegazione polacca del PIS, ad esempio, la votò”. Libertà di scelta vuol dire che lo schema potrebbe essere riproposto. “L’agenda che abbiamo avuto modo di vedere non cambia rispetto a quella di cinque anni fa e al momento non ci sono le condizioni per votare von der Leyen”, ha detto Procaccini.



In realtà, quella di Fratelli d’Italia non è una vera chiusura. Negli ultimi giorni von der Leyen ha avviato un’interlocuzione privilegiata con i Verdi. Nonostante che il partito degli ambientalisti abbia perso parlamentari rispetto al 2019, essi potrebbero essere determinanti per l’eventuale secondo mandato a Ursula. La maggioranza che ha governato l’UE negli ultimi cinque anni (popolari, socialisti, liberali e delegazioni sparse tra cui il M5S) è alle prese con il pallottoliere. I numeri dicono che per la riconferma della von der Leyen servono 361 voti e sulla carta i tre partiti ne hanno 401. Ma cinque anni fa Ursula, pur potendo contare su una base più larga, fu eletta per appena 9 voti a causa di un centinaio di franchi tiratori.



Il tema dei parlamentari di maggioranza che, approfittando del voto segreto, potrebbero impallinare la presidente uscente è oggi ancora più scottante. La percentuale dei “liberi pensatori” è stimata tra il 10 e il 15 per cento, cioè tra 40 e 60 parlamentari, soprattutto tra le file del PPE. È chiaro che, per garantirsi la riconferma, la von der Leyen sta tentando di trovare altri appoggi. E i Verdi sono stati la prima scelta, facendo crescere il loro peso specifico: gli ambientalisti non solo vogliono condizionare la futura maggioranza sulle politiche green, ma impongono anche pesanti veti, in particolare verso ECR. In questo modo, però, si moltiplicano i mal di pancia soprattutto tra i popolari tedeschi eletti nelle aree industriali della Germania.



Imbarcando i Verdi il rischio di franchi tiratori viene ridotto o esasperato? Questo è l’interrogativo, ancora aperto, cui deve rispondere von der Leyen. Giorgia Meloni si regolerà di conseguenza, ed ecco perché la linea dettata da Procaccini non è una porta sbattuta ma uno spiraglio lasciato aperto. Martedì ECR vedrà la presidente UE uscente, quindi il dialogo resta vivo. Se in questo lasso di tempo, e in conseguenza delle ultime trattative, la Meloni fiuterà la possibilità di uno smottamento dei popolari contro la “linea verde” – con forte probabilità di bocciatura di Ursula – allora la delegazione di Fratelli d’Italia voterà contro, confondendosi nelle schiere dei franchi tiratori. Se invece valuterà che il rischio è ridotto, potrebbe anche votare a favore di von der Leyen “per non isolare l’Italia”. Nonostante la presidente uscente abbia già fatto capire che dei Conservatori (e della Meloni) le piace fare volentieri a meno. Proprio come piacerebbe ai Verdi e ai socialisti.

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