Un tetto d’età sulle somministrazioni del vaccino AstraZeneca. Lo auspica il professor Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Humanitas. Intervenuto a ‘Timeline’ su Sky TG24, ha confermato che permangono ancora incertezze sul rapporto causa-effetto con le trombosi rare che si sono verificate. “Le persone sono disorientate e hanno motivi per esserlo, per i messaggi che sono arrivati”. Nel Regno Unito, ad esempio, si è scelto di somministrare questo siero alle persone sopra i 40 anni. Invece in Italia dipende dalle Regioni, perché non c’è un tetto chiaro ed omogeneo, ma una raccomandazione generale. “In Lombardia questo vaccino viene somministrato oltre i 50 anni”. Milano Today però fa notare a tal proposito che a Carate Brianza il 31 maggio è stato somministrato anche quarantenni ed era l’unico vaccino a disposizione in quell’hub quel giorno. Riguardo invece le trombosi atipiche: “Abbiamo a che fare con una complicanza estremamente rara e non è facile definire se davvero ci sia un rapporto causa-effetto. Non so che decisione prenderà il Cts però immagino che facciano una scelta di prudenza e quindi mettano un tetto d’età pur con le incertezze che abbiamo visto”.
MANTOVANI SU ASTRAZENECA E TERZA DOSE
Il professor Alberto Mantovani si è espresso a ‘Timeline’ ha poi citato un’analisi condotta su due milioni e mezzo di persone in Scozia da cui emergono “problemi legati alle piastrine”, d’altra parte “pone dubbi sull’effettivo rapporto fra il vaccino su base adenovirus di Oxford/AstraZeneca e queste complicanze gravi di trombosi cerebrali o di trombosi”. Inoltre, si è espresso a favore dell’opportunità della seconda dose con AstraZeneca per chi ha avuto una prima dose col vaccino anglo-svedese. “Queste complicanze, anche gravi, se vengono diagnosticate per tempo e riferite a un centro ad alta specializzazione, nella grande maggioranza dei casi si possono controllare”, la premessa del direttore sanitario dell’Humanitas. Quindi ha chiarito che “non ci sono dubbi, sulla base dei dati, che chi non ha avuto problemi alla prima dose possa avere la seconda in sicurezza”. Infine, e più in generale, sulla terza dose, ha spiegato che il tema è legato a due cose: “La prima è la memoria immunologica, perché tendiamo a perderla e non sappiamo quanto dura. I vaccini ci hanno sorpreso, ma spero che lo facciano ancora sulla memoria immunologica. Sono ottimista da questo punto di vista, spero che duri più di un anno”. Ma potremmo aver bisogno di una terza dose “per affrontare le varianti. Potrà essere dello stesso vaccino”. A tal proposito, ha spiegato che ci sono dei dati che suggeriscono “che una terza dose dello stesso vaccino può aumentare la risposta nei confronti delle varianti o una specifica contro le varianti”.