Siamo ormai vicini alla fine della pandemia di covid, e ne è convinto Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto clinico Humanitas e presidente della Fondazione Humanitas per la Ricerca, fra le figure più autorevoli nel suo campo. «Vediamo chiaramente la luce in fondo al tunnel – ha spiegato Mantovani, intervistato oggi dai microfoni del Corriere della Sera – ma con la pandemia dovremo convivere ancora a lungo». Il medico è in particolare preoccupato per i paesi del terzo mondo dove le vaccinazioni stanno proseguendo a ritmo molto lento: «In Africa solo 4 persone su 100 hanno ricevuto il ciclo completo della vaccinazione – ha sottolineato – in Italia siamo all’80%. C’è molta preoccupazione per i Paesi a basso reddito, perché non basta far arrivare le dosi, servono anche le strutture e le competenze per poterle somministrare. Aiutare i Paesi più indietro, con progetti a medio-lungo termine non solo legati a Covid, non significa dover rinunciare a qualcosa. I muscoli li abbiamo, servono un po’ più di testa e cuore».



«E non è solo un problema morale – ha continuato Mantovani sull’argomento – per sentirci davvero tranquilli, anche sulla nascita di nuove varianti del coronavirus, serve mettere in sicurezza quelle aree in cui le vaccinazioni procedono con una lentezza inaccettabile. Per esempio la variante Mu si sta diffondendo in Perù, dove il 32% della popolazione è vaccinato con due dosi». In ogni caso, nonostante intravediamo la luce in fondo al tunnel, bisogna ancora mantenere la guardia alta e precisamente «rispettare le norme di prevenzione nei luoghi chiusi, a partire dall’uso della mascherina. Nel Regno Unito, per esempio, è in atto un’intensa attività di testing, con dispositivi dati gratuitamente ai cittadini ogni settimana per fare autodiagnosi, ma poi in metropolitana è frequente vedere persone con naso e bocca scoperti. Il senso di responsabilità individuale in questa fase è ancora decisivo».



MANTOVANI: “IMPORTANTE VACCINARE ANCHE GLI UNDER 12”

Si parla anche della necessità di immunizzare i bambini al di sotto dei 12 anni, alla luce della possibile approvazione da parte della Fda del relativo vaccino nel giro di un paio di mesi: «E’ importante per diversi motivi – racconta ancora Mantovani – il primo è che i minori, seppure raramente, si ammalano di Covid. Lo vediamo soprattutto in Paesi che non hanno una sanità avanzata come la nostra. Inoltre, dopo l’infezione, possono sviluppare la cosiddetta Mis-C (sindrome infiammatoria multisistemica), una patologia grave che spesso richiede il ricovero in terapia intensiva. Infine il Long Covid, seppur difficile da stimare, riguarda anche i piccoli: si calcola che un bambino guarito su sette abbia problemi anche a distanza di 15 settimane», inoltre, cosa non da poco, c’è sempre lo spettro della dad, la didattica a distanza: «Il vero dramma per i bambini è stare chiusi in casa. Dobbiamo fare ogni sforzo possibile per difendere la scuola in presenza».

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