Il professor Alberto Mantovani, patologo, immunologo e direttore scientifico dell’Irccs Humanitas con Christoph Huber, professore emerito di ematologia, oncologia e immunologia, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni del Corriere della Sera in cui ha fatto chiarezza su come si è arrivati alla realizzazione dei vaccini anti covid. «C’è una ricerca durata vent’anni – le sue prime parole – dietro a questi vaccini sviluppati “alla velocità della luce”, come ha detto Özlem Türeci», la cofondatrice dell’azienda BioNTech, che assieme a Pfizer ha realizzato l’omonimo siero anti covid. «Alle spalle dello sviluppo di vaccini a Rna messaggero in tempi rapidi – ha ribadito Mantovani – ci sono 20 anni di ricerca in settori diversi, in quello delle nanoparticelle, dell’mRna e della lotta ai tumori, con il sogno di fare terapie immunologiche contro il cancro. Il messaggio generale è che la ricerca fondamentale ad alto rischio costituisce una cintura di sicurezza che si applica a settori diversi». Poi aggiunge: «Non si sono saltate le tappe, la velocità in realtà è una velocità che, se calcolata bene, ha l’ordine di grandezza dei decenni. Si è andati rapidi, nel percorrere le tappe, perché siamo alle prese con una pandemia che ha generato milioni di vittime, sofferenza, povertà, disuguaglianze».



Fra i No Vax serpeggiano molte teorie strampalate fra cui quella che la tecnologia mRna modifichi il Dna umano: «Ci sono notizie che sono semplicemente false. La sterilità. Le modificazioni genetiche, che venivano invocate già al tempo del vaccino contro il vaiolo, niente di nuovo». Quindi lo scienziato ha spiegato nel dettaglio come funzionano questi vaccini: «Tutte le volte che noi abbiamo un’infezione virale, per un banale raffreddore ad esempio, le nostre cellule sono letteralmente sommerse da Rna messaggero di natura virale. Ma questo chiaramente non modifica il nostro Dna. Il nostro organismo è continuamente attraversato da mRna virale di diversi tipi. Questi vaccini utilizzano un solo tipo di Rna che viene veicolato da particelle frutto di 20 anni di ricerca alle cellule sentinella del sistema immunitario». Ma cosa accadrà dopo la terza dose? «Nessuno di noi lo sa con certezza e non amo fare previsioni. Quello che sappiamo è che vaccinandoci possiamo metterci in sicurezza come individui. I vaccini che abbiamo proteggono molto bene contro ospedalizzazione e morte, anche contro la variante Delta. Questo mette in sicurezza anche il servizio sanitario nazionale e ci consente di tornare a curare altre malattie e, sottolineo con forza, a fare prevenzione. Quello che non sappiamo è quanto duri la memoria immunologica e se con il richiamo, quella che chiamiamo terza dose, avremo una protezione lunga o molto lunga. Potremmo dover fare altri richiami, nulla di diverso da ciò che si fa con l’antinfluenzale ogni anno. Uno scenario col quale possiamo convivere».



MANTOVANI: “VACCINI UNDER-12? NON E’ IL MOMENTO PER ORA”

Sulle vaccinazioni anti covid per gli under 12 Alberto Mantovani è chiaro: «Al fianco dell’Associazione nazionale pediatri ho preso posizione, i ragazzi vanno protetti dal rischio, sia pur basso, di malattia e di long covid, che colpisce un malato su sette. Il nostro Paese su questa fascia d’età è molto più avanti, ad esempio, di realtà come la Gran Bretagna. Per i bambini più piccoli, che si ammalano raramente, non è il momento. Non ci sono dati a sufficienza, anche se i casi di malattia, per quanto rari, sono in aumento».



Infine, sul ritorno alla normalità della sanità post-covid, Mantovani prevede tempi lunghi anche se le previsioni appaiono più ottimistiche rispetto ad altre teorie: «Io so che tutti stanno lavorando al massimo per recuperare. È certo però che il ritardo c’è. Solo con la prima ondata, in Italia abbiamo perso allo screening 3.500 tumori della mammella, 2.000 adenomi del colon retto, ad esempio, problemi che poi verranno fuori. Secondo gli inglesi torneremo in pari solo a fine decennio. Io invece credo che possiamo fare meglio, così come stiamo facendo meglio sulle vaccinazioni».