«La terza dose per avere un Natale più tranquillo»: ne è certo il professore e immunologo Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Rozzano e scienziato italiano con il maggior impatto internazionale nella letteratura scientifica. Intervistato da “La Repubblica”, l’esperto incoraggia tutti, dai giovani ai meno giovani, ad accettare anche la dose di richiamo del vaccino anti-Covid per limitare al minimo la “quarta ondata” scoppiata nelle ultime settimane.

«Diventiamo ambasciatori dei vaccini. Noi medici e scienziati non dovremmo andare solo in tv, ma anche nelle scuole e nei quartieri, a incontrare la gente di persona e ascoltare i loro dubbi», spiega Mantovani illustrando tutti i benefici della dose di richiamo («preferisco chiamarla così che non “terza dose”» visto che la maggior parte dei vaccini «che facciamo normalmente e che richiedono tre somministrazioni»). Per il direttore dell’Humanitas di Milano il richiamo è necessario in quanto dopo due dosi, circa 6-8 mesi, l’efficacia del vaccino cala vistosamente anche se restano forte protezione su ricovero e morte: «I numeri inglesi però ci mostrano un calo della protezione nei confronti del contagio e della malattia leggera. La terza dose serve a rafforzare le nostre difese».

L’IMMUNITÀ DI FAMIGLIA: COS’È

La terza dose di richiamo servirà ad aiutare i più fragili certamente senza comportare «alcun aumento della tossicità»: Mantovani spiega poi perché sia abbastanza inutile provare a capire con un test sierologico (diversamente da quanto diceva solo qualche giorno fa il virologo del Sacco Massimo Galli, ndr) se si hanno ancora gli anticorpi alti per evitare la dose di richiamo, «Il vero problema è che non sappiamo quale sia il correlato di protezione dal Covid, cioè il livello minimo di anticorpi o di risposta delle cellule T che possa proteggerci dall’infezione. Gli anticorpi possono scendere anche del 90%, ma se nel midollo restano cellule di memoria pronte e ricreare quegli anticorpi, non avremo problemi. Anche se ci stiamo lavorando, al momento non abbiamo test in grado di misurare queste cellule nella popolazione generale, solo in laboratorio per scopi di ricerca. La campagna vaccinale non può essere guidata dai test sierologici». Il professore rivela la sua imminente dose di richiamo e introduce un concetto “nuovo” nella sfida al Covid, almeno in questa nuova “quarta ondata”: «Lo faccio per me stesso, per i pazienti del mio ospedale, ma anche per la mia famiglia. Sappiamo che in queste condizioni raggiungere l’immunità di gregge è tecnicamente impossibile. Ma possiamo puntare a un’immunità di famiglia, soprattutto in vista del Natale. I dati sugli operatori sanitari sono molto chiari: chi è vaccinato non porta il virus a casa. Si contagia meno e contagia meno gli altri». Chiosa finale sul vaccino per i bimbi, con Mantovani che sottolinea i veri motivi per cui occorre per quanto possibile procedere con la somministrazione anche ai più piccoli (5-11 anni): «Non abbiamo ancora capito perché i bambini si ammalino meno di Covid, ma è certo che qualcuno ha invece sintomi gravi. Il long Covid esiste anche fra i più piccoli, così come una sindrome infiammatoria chiamata Mis-C. Sarà rara, però esiste […] I benefici superano i rischi di pericarditi e miocarditi, che sono rare, concentrate nei maschi in età preadolescenziale e adolescenziale e curabili con banali antinfiammatori. Non sono mai stati riportati casi gravi».