L’INVITO DEL SOTTOSEGRETARIO MANTOVANO SULL’EMERGENZA FAMIGLIA
Per poter accettare la nomina a sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano ha dovuto dimettersi da vicepresidente del Centro Studi Rosario Livatino, il magistrato ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990 e dichiarato beato. Nella lunga intervista di oggi a “La Verità” il consigliere principale della Premier Giorgia Meloni – nonché protagonista di un ruolo molto delicato come quello di “mediazione” tra Ministri, opposizione e Palazzo Chigi – fa il punto sulle tematiche più “calde” legate a famiglia e diritti, rispondendo alle critiche mosse dalla sinistra.
Lo fa partendo dall’esempio di un giudice che ha dato la sua vita semplicemente per non essersi girato dall’altra parte davanti alla cruda verità: «per Livatino il giudice parla coi suoi provvedimenti e, al di fuori di essi, su di essi non ha nulla da dire. In dodici anni di attività egli non ha mai rilasciato una intervista, non ha mai preso parte a un programma tv, non si è mai lasciato sfuggire una indiscrezione, una valutazione», sottolinea Mantovano. Non è un giudicio che scrive le leggi e il beato Livatino lo sapeva bene: «Quel riserbo è stato un riconoscimento di limiti, che esistono anche per la giurisdizione, e ciò è stato per lui un dato sostanziale. Già allora il principale nodo critico della magistratura italiana era la pretesa di superiorità etica del magistrato, “quell’attivismo giudiziario” che decide che esistono vuoti normativi, e che punta a colmarli andando oltre i confini della interpretazione, per giungere alla creazione normativa vera e propria, e non soltanto per i cosiddetti nuovi diritti». Diversi punti chiave dell’opera del Centro Studi Livatino, fondato tra gli altri proprio dallo stesso Alfredo Mantovano, richiamano da vicino molte delle sfide che ha davanti il Governo Meloni nei prossimi 5 anni: diritto alla vita, difesa della famiglia “tradizionale”, contrasto a eutanasia e utero in affitto, ma anche equilibrio legislativo e giudiziario.
“UTERO IN AFFITTO, DECISIVO RISPETTO PERSONA E L’AIUTO REALE”: COSA HA DETTO MANTOVANO
La precisazione di Mantovano è però subito d’obbligo, provando a “replicare” alle critiche sollevate da sinistra: «la famiglia non è tradizionale o progressista, ma è quella descritta dagli art. 29 e seguenti della Costituzione, cioè “società naturale fondata sul matrimonio”». Il sottosegretario di Palazzo Chigi rileva dunque come in forza di questo assunto costituzionale, il Governo Meloni intende dare risposte «concrete e non ideologiche a quel frequente abbandono di persone fragili, che spesso di- venta pretesto per invocare la morte procurata». Per questo, spiega ancora Alfredo Mantovano, si è scelto di inserire nel Ddl Anziani l’esplicito riferimento alle cure palliative.
In merito invece alla pratica della maternità surrogata, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio rilancia rispondendo indirettamente alle tesi sollevate dal Pd di Elly Schlein: «seguiamo con attenzione i lavori parlamentari, che vedono la discussione delle proposte di legge di cui è relatrice Carolina Varchi. I punti cardinali sono il rispetto della persona, mai da considerare merce, e l’aiuto reale alle difficoltà connesse a gravi patologie o disabilità».