Manuel Peer è finito in carcere per traffico di anabolizzanti. Il personal trainer 26enne, conosciuto sui social (dove in queste ore è diventato bersaglio degli utenti), si è presentato in tribunale di fronte al giudice per le indagini preliminari Tappeinier, mostrandosi in lacrime e affermando: “Chiedo scusa. Non credevo che quello che stavo facendo fosse grave. Non ho nemmeno fatto guadagni particolari. E mai avrei immaginato che in carcere si stesse così male”. Con lui altre sei persone sono state arrestate tra Roma e Milano dopo un’operazione svolta dai Nas di Trento. Marco Boscarol, il suo avvocato, ha chiesto per lui gli arresti domiciliari ma al momento non verrà modificata la misura cautelare.



Sono varie le ipotesi di reato a suo carico, tra cui traffico di sostanze anabolizzanti e stupefacenti in concorso: inoltre Manuel Peer avrebbe utilizzato sostanze al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti e rischia perciò fino a 10 anni di carcere. L’avvocato Boscarol ha depositato una memoria per chiedere se la misura applicata al suo cliente sia adeguata, come spiega il Corriere del Trentino: ha inoltre intenzione di approfondire le 1.100 pagine di fascicolo.



Manuel Peer e il mercato illegale di anabolizzanti

Dopo aver avuto notizia dall’Azienda sanitaria altoatesina di due giovani pazienti, poco più che ventenni, con tumore al fegato appena diagnosticato, sono partite le indagini dei carabinieri. I due ragazzi sarebbero infatti stati frequentatori della stessa palestra, dove Manuel Peer esercita come personal trainer. Secondo le indagini Peer, che insegnava sia lì che in un’altra palestra, avrebbe agganciato i clienti consigliando loro l’uso di anabolizzanti, trattenendo una percentuale sulla vendita, con consegne in forma anonima e pagamenti non tracciati. I tumori riscontrati nei giovanissimi sono infatti legati all’uso di anabolizzanti.



Come spiega il Corriere del Trentino, la merce partiva da Roma, inviata da una coppia che faceva spedizioni quotidiane in tutta Italia: non appena si sono resi conto che i pacchi venivano controllati, i due hanno deviato i flussi su Milano. Sarebbero state oltre 300 le spedizioni mensili documentate, con un giro d’affari oltre i 150mila euro: l’attività, secondo gli inquirenti, andava avanti da anni e i numeri sarebbero ancora più alti di quello che sono riusciti a scoprire fino a questo momento.