Poche frecce nella faretra. È questa l’ultima polemica scaturita attorno alla missione militare della fregata italiana Fasan nel Mar Rosso. Da più parti è stato riferito un passaggio di una dichiarazione del ministro alla Difesa, Guido Crosetto, che metterebbe in discussione la dotazione missilistica (scarsa) della marina italiana. Compresa quella della Virginio Fasan. La smentita di Crosetto è arrivata a stretto giro: “Ho solo spiegato – ha detto – cosa significa essere impegnati in una zona complicata come è oggi il Mar Rosso, anche solo per difendere se stessi, raccontando i colpi che in un solo giorno ha dovuto sparare una nave americana per difendersi”.



Ma negli ambienti militari il problema è comunque noto da tempo, e riguarda non solo la marina, ma anche gli altri corpi. “Pochi anni addietro – riporta Difesaonline – il valore dei carri efficienti era attorno al 10% e oggi, in termini qualitativi, dovrebbe essere zero. Nell’intervento incriminato il ministro avrebbe poi fatto riferimento al cacciatorpediniere USS Thomas Hudner… Sapete quante celle di lancio per missili possiede? Ben 96! La nostra fregata (Fasan) nel Mar Rosso? 16”. Effettivamente, la carenza di piattaforme di lancio e di munizionamento è un allarme cronico, sublimato anche nelle nuove navi dal carattere “umanitario” e di soccorso delle probabili missioni (ne avevamo accennato su queste pagine un mese fa). Purtroppo però, in tempi di poca pace e molti conflitti, i muscoli in campo non sono un optional: ad esempio, nel Mar Rosso sono chiamati a neutralizzare gli attacchi contro i convogli, oltre che a se stessi.



La Virginio Fasan (F 591) è la seconda delle fregate classe FREMM (Fregate Europee Multi Missione) e la prima in configurazione ASW (Anti Submarine Warfare). È stata realizzata dalla Fincantieri a Riva Trigoso, varata nel 2012 e consegnata alla marina militare nel 2013. Attualmente fa sede a Spezia, alle dipendenze del 2° Comando Gruppo Navale. Disloca 6700 tonnellate, è lunga 144 metri, larga 19, ha una velocità di 27 nodi e un equipaggio di 167 uomini. E veniamo agli armamenti: 2 76/62 SRDF con kit Davide (sistemi antimissile, senza motore, DART, decalibrati rispetto al cannone, che possono correggere la loro traiettoria per controbattere le manovre del missile bersaglio e intercettarlo); 2 mitragliere OtoBreda da 25 mm. S/A SAAM-ESD con 1 lanciatore verticale a 16 celle per Aster 15/30 (missili antiaerei); S/S Teseo Mk2a. G.E.: 2 SCLAR-H e 2 ingannatori; 2 lanc. per MU-90 (armi antisommergibili); 2 missili MILAS (antisom); 2 contromisure AS. 1 EH-101 e 1 SH-90 o 2 SH-90. Un sacco di sigle, ma un quadro comunque non abbondante, tanto da avere probabilmente determinato la destinazione della nave alle scorte di carghi italiani nel quadrante, piuttosto che alla deterrenza anti Houthi yemeniti. Per capire: la fregata francese Languedoc, gemella della Fasan (il progetto è il medesimo, italo-francese) ed anch’essa dispiegata nell’area, vanta sistemi d’arma remoti Narwhal, SYLVER A43 VLS a 16 celle per missili di difesa aerea Aster 15, SYLVER A70 VLS a 16 celle per missili da crociera MdCN, 8 missili antinave Exocet MM40 Block 3c, 2 lanciatori gemelli B-515 per siluri (19) MU90.



Nonostante fino a pochi giorni fa sembrasse certo che la Fasan dovesse restare l’unica unità militare italiana impegnata nell’area, ItaMilRadar informa che una seconda fregata italiana, l’ITS Federico Martinengo (F 596), si è unita all’operazione Atalanta come supporto associato. La Martinengo (un anno fa incagliatasi nel Mar Grande a Taranto, e nel luglio scorso finita al centro di un’inchiesta per molestie e nonnismo a bordo) è un’altra fregata missilistica FREMM, settima unità della classe Bergamini e terza in configurazione multiruolo. Il raddoppio delle fregate italiane, che non era stato annunciato preventivamente, sembrerebbe confermare la necessità di aumentare la nostra potenza militare nel dispiegamento, anche e a questo punto forse soprattutto in termini di autodifesa (con la Martinengo, le dotazioni italiane complessive ovviamente raddoppiano).

La Fasan attualmente risulta impegnata a sud-est di Aden nella scorta a tre cargo italiani, sempre nel mirino dei “partigiani di Dio” (Ansar Allah), i guerriglieri armati degli Houthi, dotati dei droni iraniani. Ribelli che solo l’altro giorno si sono esaltati nel più grande attacco dall’inizio delle ostilità capziosamente collegate all’invasione di Gaza: tre cacciatorpediniere della US Navy hanno abbattuto 24 tra missili e droni lanciati dallo Yemen. E ieri aerei da combattimento statunitensi e britannici ne hanno abbattuti altri 18 utilizzando missili aria-aria. Evidentemente, l’ultimatum della coalizione agli Houthi non ha sortito alcun effetto.

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