Le regole europee su industria ed energia pesano al punto tale da far perdere competitività. Lo sostiene Emma Marcegaglia, alla guida con il fratello dell’azienda siderurgica di famiglia. «Non solo l’Italia: tutta l’Europa vive una crisi del suo modello di crescita che ne mette a rischio la competitività. E la risposta non può essere ognuno per sé, anche la Germania lo sta capendo», afferma l’amministratrice delegata di Marcegaglia, nonché ex presidente di Confindustria. Nell’intervista a Repubblica non nasconde la sua preoccupazione in vista dei prossimi mesi, quelli in cui l’Italia ad esempio deve accelerare su Pnrr e riforme. Da gennaio, nell’ambito del semestre di presidenza italiana del G7, l’imprenditrice guiderà il forum degli imprenditori B7. «La globalizzazione va ripensata, non buttata nel cestino».
L’analisi di Emma Marcegaglia parte da questa fase di forte rallentamento. «Siamo allineati al resto d’Europa ma questo non consola, anzi complica. Anche il 2024 partirà lento, ma se nel frattempo le Banche centrali inizieranno a tagliare i tassi e arriverà la spinta degli investimenti del Pnrr, tra cui quelli di industria 5.0, nel 2025 potremmo ripartire». Per quanto riguarda la revisione del Pnrr, Emma Marcegaglia la definisce opportuna, perché «ha tolto investimenti troppo piccoli o che non potevano essere finiti in tempo». D’altra parte, bisogna «intervenire per accelerare la burocrazia e limitare i ricorsi». La sfida è complessa, ma le possibilità sono maggiori, a patto di passare all’azione. «Anche sulle riforme bisogna procedere più spediti: l’Europa ci ha chiesto di fare di più su concorrenza e giustizia».
“POLITICA INDUSTRIALE EUROPEA PARZIALE E REGOLATORIA”
D’altra parte, Emma Marcegaglia evidenzia l’assenza di un tema centrale nel Pnrr, quello che riguarda «formazione e competenze, su cui l’Italia è molto indietro». Infatti, segnala che le imprese non trovano il 40% delle figure che cercano. «È un problema che stiamo dimenticando, va rimesso al centro anche delle relazioni industriali, perché visto il nostro trend demografico peggiorerà». Inoltre, bisognerebbe rivedere le politiche migratorie, «anche modificando il meccanismo dei flussi in chiave di competenze, perché nei prossimi vent’anni avremo un buco di forza lavoro». C’è poi la crisi dell’Ilva, di cui l’azienda Marcegaglia è il principale cliente. «Dico che chiuderla sarebbe una follia. Sono ancora convinta che un accordo tra governo e Mittal si possa trovare. L’azienda può stare sul mercato, ma servono risorse pubbliche e un socio privato che investa, perché oggi Ilva produce metà di quanto può fare», spiega l’amministratrice delegata a Repubblica.
Per quanto riguarda i costi dell’energia, più alti in Italia, il rischio è una riduzione della competitività. «Ed è un rischio europeo, non solo italiano, perché paghiamo l’energia il triplo degli americani». Marcegaglia bacchetta l’Ue: «Il problema è che la politica industriale europea resta parziale e troppo regolatoria». Parziale perché, ad esempio, «per le imprese energivore non si lavora ad un prezzo dell’energia comune, e non si fa debito comune per finanziare gli enormi investimenti necessari alla transizione, ma si lascia fare ai singoli Paesi con le loro risorse senza capire che nessuno ce la farà da solo». Ed è troppo regolatoria, in quanto «anziché fissare gli obiettivi di decarbonizzazione e lasciare neutralità tecnologica per raggiungerli, come negli Stati Uniti, l’Europa sceglie anche le tecnologie ammissibili».
DALL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE ALLA GLOBALIZZAZIONE
La Germania ha ridotto il prezzo dell’energia per le imprese. Emma Marcegaglia conferma che l’attitudine è cambiata. «La Germania non è morta, ma il suo modello è in crisi e li vedo molto più preoccupati, sanno che senza la manifattura italiana si indeboliscono anche loro, così ragioniamo molto più di prima su cosa fare insieme. Lo stesso governo tedesco ora chiede di completare l’unione dei capitali e quella bancaria, dopo averle bloccate per anni». Il governo italiano invece blocca il Mes, che per l’imprenditrice «va approvato subito». Ma ci tiene a precisare che «il governo abbia una politica antieuropeista nella sostanza». Per quanto riguarda il B7 che guiderà, Emma Marcegaglia a Repubblica spiega che uno dei temi sarà l’intelligenza artificiale, «su cui è necessario bilanciare i toni. Pone una serie di rischi, e va normata, ma noi vogliamo anche dire che è una grande opportunità di incremento della produttività e del benessere».
Intanto Usa riscrivono le regole della globalizzazione, una scelta inevitabile anche per le imprese perché «la globalizzazione degli anni 2000. quella in cui si delocalizzava dove costava meno senza fare ragionamenti sulle dipendenze o sulle regole, è finita». D’altra parte, non va buttata nel cestino: «Dividere il mondo in blocchi riduce la crescita e genera diseguaglianze». Infine, Marcegaglia si esprime sul rinnovo al vertice di Confindustria, sostenendo che «tutta la rappresentanza sociale si è indebolita, anche i sindacati, oggi la politica si è ripresa il primato». Ma non fa nomi: «Mi pare condivisa la necessità di avere alla guida un’imprenditrice o un imprenditore autorevole».