Marcell Jacobs, campione olimpico nei 100 metri piani e nella staffetta 4×100, si è raccontato ai microfoni del quotidiano “La Stampa”, esordendo dalle difficoltà affrontate nella sua infanzia, inevitabilmente contrassegnata da un grande vuoto, di nome Lamont Marcell Jacobs: suo padre. Come ha detto l’atleta, “a scuola tutti disegnavano una famiglia con due genitori. Io no. Per avere un’immagine di noi due insieme dovevo cercare tra le poche fotografie rimaste in casa. Ho eretto un muro per proteggermi. L’ho rivisto una sola volta in Florida, quando ormai ero adolescente. Fu come incontrare un estraneo”.



Per contro, sua madre ha provato a non fargli mancare mai nulla, nonostante l’abbia cresciuto da sola e abbia svolto anche tre lavori in contemporanea: “Mi ha insegnato che non si deve mai mollare – ha evidenziato Marcell Jacobs –. Ha sempre creduto in me, mi spingeva ad allenarmi quando ero adolescente incerto e fragile. Mi ha spinto a credere nel mio sogno”.



MARCELL JACOBS E IL SEGNO DAL CIELO: “PRIMA DEGLI ORI OLIMPICI…”

Ai cronisti de “La Stampa”, Marcell Jacobs non ha potuto poi esimersi dal narrare che i due ori conquistati alle Olimpiadi gli hanno letteralmente cambiato la vita, in quanto le persone che lo riconoscono e lo fermano per strada, più che per un autografo o un selfie lo ringraziano per le lacrime di gioia che l’azzurro ha fatto versare loro. Fondamentale, per il raggiungimento di questi traguardi, è stato il lavoro svolto non soltanto a livello atletico, ma anche con la sua mental coach, Nicoletta Romanazzi: “La prima volta che sono andato nel suo studio mi ha detto di avermi visto correre e di aver notato un elastico mentale che mi tratteneva. Mi ha spiegato che dovevo fare pace col mio io interiore, capire chi era mio padre, e incominciare a mettere l’’energia al servizio dei miei sogni invece che bruciarla con la rabbia di essere stato abbandonato. Quella corda d’un tratto è diventata una fionda”.



Mentre Marcell Jacobs era a Tokyo, sua mamma una mattina si concesse una passeggiata a Manerba e, mentre camminava, ha ricevuto un segno celeste: Davanti a lei c’era un furgoncino per il lavaggio delle strade – ha affermato l’atleta –. Mia madre vide volare e poggiarsi a terra una carta della briscola, il gioco amato da nonno Osvaldo. La raccolse e se la mise nel portafoglio. Quando ho vinto anche la staffetta, l’ha tirata fuori per guardarla: era un due di ori”.