JACOBS: “SO A MALAPENA IL NOME DI MIO PADRE”Lamont Marcell Jacobs

è già entrato nella leggenda dopo la stupenda performance di ieri, culminata con la conquista della medaglia d’oro nei 100 metri piani a Tokyo, ossia la gara per eccellenza nel mondo delle Olimpiadi. Ma dietro l’uomo più veloce del mondo c’è una storia tutt’altro che semplice. Come ammesso dallo stesso Marcell Jacobs nel corso di un’intervista rilasciata ai microfoni del Corriere della Sera, è stato vittima di abbandono da parte del padre quando era ancora un ragazzino.



“Quando gli amici mi chiedevano chi fosse mio papà, ‘non esiste’, rispondevo – ha ammesso l’atleta italiano -. So a malapena che porto il suo nome. Per anni ho alzato un muro. E quando mio padre provava a contattarmi, me ne fregavo”. Una storia triste che ieri, però, è terminata con un lieto fine: una vittoria unica e storica per l’atletica italiana. Il 1° agosto sarà sicuramente una data indimenticabile per il Belpaese, ma soprattutto per lo stesso Jacobs, protagonista assoluto (insieme a Tamberi, oro nel salto in alto).



JACOBS: “RINGRAZIO LA MIA MENTAL COACH”

Nel corso dell’intervista, poi, Marcell Jacobs ha ringraziato la sua mental coach, Nicoletta Romanazzi, che nell’ultimo anno ha saputo aiutarlo nei momenti di difficoltà, alimentati anche dalle restrizioni Covid, che non gli hanno permesso una preparazione al massimo delle possibilità: “Con lei ho accettato di lavorare in profondità sulle mie paure e sui miei fantasmi”. Gran parte della vittoria di ieri, dunque, si può collegare a lei, una persona che è stata vicina ad un insicuro Jacobs.

Per terminare la chiacchierata, l’uomo (azzurro) più veloce del mondo ha dichiarato di sentirsi al 100% italiano, dato che qualcuno nella giornata di ieri ha speculato sulle sue origini statunitensi: “A 18 mesi ero in Italia, i miei figli sono nati qui. Mi sento italiano in ogni cellula del mio corpo. Un messaggio d’amore che sicuramente è stato recepito dal tifo tricolore, visto che lo ha prontamente ringraziato al termine della memorabile corsa in quel di Tokyo.