Marcello Baraghini, l’editore famoso per la collana Millelire, è invitato a raccontarsi nel corso della nuova inchiesta di Che ci faccio qui dal titolo Io ti salverò. Lui e Domenico Iannacone parleranno insieme di economia sostenibile, prendendo anche a esempio la storia virtuosa di un’altra azienda torinese (Ri-Generation) che ha come fine non solo e non soprattutto il lucro, ma anche il rispetto dell’ambiente. Nel caso di Baraghini, oltre a quello di rispettare l’ambiente, l’obiettivo era ‘liberalizzare’ il commercio del libro, rendendo questo “cibo per la mente” (come lo chiama lui) finalmente accessibile a tutti. È innegabile che, con il suo lavoro, Marcello abbia in qualche modo cambiato le regole del mercato, vendendo in tutto più di venti milioni di copie a prezzi popolari.



Marcello Baraghini e il progetto Millelire

I Millelire sono libri tascabili 10×14 che era possibile trovare non solo in libreria, ma anche nei bar. Prodotti per la prima volta trent’anni fa, hanno perso quota nel ’95, in quello che per l’editore fu il periodo dello “sterminio”. Giusto il tempo, comunque, di entrare a far parte dell’Enciclopedia Garzanti e vincere il Compasso d’oro per le copertine. Con la sua Stampa Alternativa, Marcello Baraghini fu l’unico italiano a raggiungere questo traguardo (doppio, dal momento che si trattava di una produzione supereconomica). Da quel momento in poi, libri come questi andarono affermandosi in tutto il mondo.



Marcello Baraghini svela il “segreto del successo” come editore

Marcello Baraghini racconta così la genesi del progetto: “Ebbi un’idea: asciugare le ridondanze del libro, niente più copertina a colori e orpelli che lo rendevano caro rispetto al lettore che avevo in mente. Testi vivaci, sfacciati e divertenti. Li realizzavo con l’ausilio di un tipografo amico e li vendevo a Porta Portese, alle fermate degli autobus o della metropolitana. Il posto di vendita più clamoroso, e parlo di centinaia di copie alla volta, era il bar di Vezio dietro a Botteghe Oscure”. Il primo titolo fu Prospettive fiabesche di macchine rare di Fortunato Depero. Sempre nella stessa intervista (a Il Manifesto), Baraghini spiega: “Il segreto era la continua sorpresa, c’era passione, curatela, un piccolo apparato critico, delle copertine innovative che non somigliavano alle lapidi funerarie proposte dagli altri editori in quegli anni. Qualsiasi titolo era una riscoperta anche nella traduzione, che fosse di narrativa o saggistica”. Qualcuno, dice, provò a intimidirli, in quanto loro stessi “mettevano paura”: “Ci azzopparono con strumenti subdoli, situandoci in uno stato di crisi che si è conclusa 4/5 anni fa con la liquidazione della storica casa editrice. Il concorrente (Newton Compton, ndr) utilizzò l’arma del dumping con la collana 100 pagine a 1000 lire, non si sa come, o meglio ho un sospetto: vendevano a sottocosto. Più vendeva e più ci rimetteva. Al contrario di noi non scopriva nulla, prendeva lo Shakespeare scolastico con vecchie traduzioni magari ‘ritoccate’. Ma quel tipo di traduzione non faceva brillare il contenuto e andava a deperimento. Inoltre rintrodussero il diritto di resa anche di una sola copia per titoli che costavano mille lire! I librai e gli insegnanti che potevano adottarlo come libro scolastico, abboccarono, non abboccarono però i lettori”.

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