Marcello Degni, da un paio di giorni al centro delle critiche dopo un suo post su X (prima noto come Twitter) sulla legge di Bilancio, ha risposto alle critiche, analizzando i reali intenti del suo commento, sulle pagine della Stampa. Con le sue parole, sottolinea, “ho solo espresso il rammarico perché l’opposizione avrebbe potuto sfruttare di più gli strumenti del diritto parlamentare per marcare meglio la maggioranza sulla manovra”.



“La mia”, argomenta ancora Marcello Degni, “era una critica riferita al metodo, non al contenuto. E non una critica nei confronti soltanto di questo governo”, perché sono anni che “tutti i governo non rispettano quella che dovrebbe essere una discussione articolo per articolo”, con l’esito di “svilire il ruolo del Parlamento“. In merito alla citazione all’esercizio provvisorio, sottolinea che “è previsto dalla Costituzione e non avrebbe creato problemi all’Italia ma al governo” e non significa, secondo Marcello Degni, la volontà di mettere in ginocchio il popolo italiano, come critica la Lega.



Marcello Degni: “L’opposizione doveva presentare mille emendamenti alla manovra”

Marcello Degni, d’altronde, dal conto suo sottolinea di “aver fatto la scelta giusta” pubblicano il post criticato, anche perché “sono materie di cui mi occupo da anni e sono posizioni che esprimo in pubblicazioni destinate all’ambito accademico”. La sua posizione rimane, infatti, la stesso, ovvero che “ogni anno si definisce la manovra all’ultimo minuto e quindi la discussione non avviene in modo dettagliato come dovrebbe avvenire”.

Concludendo, poi, il suo ragionamento su quello che l’opposizione avrebbe dovuto fare contro la manovra, Marcello Degni spiega che “mi sarei aspettato la presentazione di mille emendamenti che avrebbero costretto il governo a decidere il voto di fiducia”, riuscendo ad innescare quelle discussioni che avrebbero potuto “rallentare l’approvazione della manovra. La maggioranza sarebbe stata costretta a rinunciare al cenone per approvare la legge di bilancio” ed anche se ci fosse riuscita, conclude Marcello Degni, “si poteva sollevare la questione di un metodo che da anni dà al Parlamento la possibilità di esprimersi”.