Marcello Dell’Utri senza filtri ai microfoni de Il Foglio. L’ex senatore, fondatore di Publitalia, si è raccontato a tutto tondo, confermando che Silvio Berlusconi gli baciava le mani e lo chiamava don Dell’Utro: «Certo che è vero. Noi raccontavamo persino spiritosaggini su Mangano, il famoso stalliere di Arcore. Ci inventavamo storie. Il Cavaliere mi sfotteva. Ridevamo come matti. Ma le pare che uno fa così se ha un mafioso in casa?».



Nel corso della lunga intervista a Il Foglio, Marcello Dell’Utri si è anche soffermato sulle voci che vogliono l’amico Silvio Berlusconi tra i possibili candidati al dopo Sergio Mattarella: «Lui pensa di andare al Quirinale. Cosa che io… boh… mi pare improbabile. Anche se io a Silvio gli ho visto fare cose che sembravano impossibili. Quindi mai dire mai».



MARCELLO DELL’UTRI: “IL CARCERE È UN SOGNO LONTANO”

Un passaggio dell’intervista non poteva non essere dedicato alla vicenda giudiziaria e alla recente assoluzione nel processo sulla trattativa Stato-Mafia. «Al carcere ormai non ci penso più. È un sogno lontano. È stato peggio il Covid», ha spiegato Marcello Dell’Utri, ricordando la battaglia con la malattia e le decine di stent: «Stavo in una cella due metri per tre, nelle mani della burocrazia carceraria che è un orrore. È fatta per annullarti. Una volta mi feci portare un libro antico, rilegato. Amo i libri. Li colleziono. E le guardie me lo consegnarono squartato, scotennato. È la regola, non lo sapevo: solo libri in brossura. E mai più di quattro. In carcere se vuoi qualcosa, qualunque cosa, devi riempire un modulo. Lo chiamano in gergo “domandina”. Per una penna, una matita, un volume… Ecco la “domandina”. Quando passava troppo tempo chiedevo alle guardie: ”È arrivata la rispostina?”. Insomma, certo che ho sofferto. Ma poi penso: Ho anche letto molto, mentre stavo in cello. Ora ho 80 anni. Sono vivo. In fondo va bene così».

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