La notizia del giorno per Marco Cappato doveva essere la più che probabile assoluzione nel processo per l’aiuto al suicidio di Dj Fabo (dopo la sentenza della Consulta, la decisione dei giudici oggi a Milano sembra davvero “scontata”), e invece nell’aula del Tribunale milanese è arrivata una seconda, molto più triste, novità: è morta la mamma di Marco Cappato, il leader radicale e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni. La donna, pare malata da tempo, da qualche giorno era ricoverata in ospedale a Milano ma con la presenza oggi in aula per il processo Dj Fabo forse lo stesso Cappato non pensava che le condizioni della madre fossero così gravi: gli avvocati difensori hanno chiesto qualche minuto di pausa alla Corte per permettere a Cappato di uscire dall’aula. A quel punto, la moglie e gli amici del leader radicale lo hanno abbracciato e consolato per diversi minuti: solo dopo mezz’oretta, con gli occhi ancora rossi dal pianto, Cappato si è ri-seduto in prima fila dove assiste al dibattimento da imputato ormai prossimo all’assoluzione.



LA MAMMA DI MARCO CAPPATO, “RADICALE” COME LUI

Storicamente Cappato non ha mai parlato molto della sua famiglia, non volendo trascinare nel dibattito publico quello che attiene alla sfera privata degli affetti e dell’intimo familiare, tanto che ancora non è noto il nome della mamma morta questa mattina a Milano, né quello del padre che da oggi rimane drasticamente vedovo. Eppure in 10 anni di battaglie in alcune occasioni e interviste, il Tesoriere della Associazione Coscioni ha riconosciuto quella sua innata «voglia di far politica e disobbedienza civile» derivante assolutamente dai suoi genitori. «Nella mia famiglia si è sempre parlato di questi temi. Mia madre si iscrisse ai Radicali a metà degli anni ’80 per la campagna “O lo scegli o lo sciogli”: da allora, arrivavano le pubblicazioni a casa e dunque posso dire di essere, in un certo senso, radicale “di famiglia”», raccontava nel 2018 Marco Cappato al portale “Bottega di Idee”, confermato poi anche in un’altra intervista a Repubblica proprio a seguito del “caso” Dj Fabo «mio padre era repubblicano, mio zio socialista, e si è sempre parlato di temi della politica partendo da un approccio laico e liberale. Accadde poi che mio fratello si impegnò nella campagna referendaria degli anni ’90 sulla giustizia e sulle riforme istituzionali e si candidò a Monza per la Lista Pannella». Ma l’origine “radicale” la deve proprio all’amata madre che da oggi non potrà più seguire Marco nelle sue costanti battaglie per i “diritti civili”.

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