Il primo furto non si scorda mai. Colpevole tanto, poco, o niente che sia, per Marco Carta è decisamente un’indimenticabile figura di cioccolato quella che ha fatto venerdì sera: arrestato, insieme a una misteriosa signora 53enne (l’età al momento è tutto quanto si sa di lei) per furto aggravato alla Rinascente di piazza Duomo a Milano. L’arresto veniva eseguito da un “ghisa” il quale, insospettito dallo scampanellio dell’uscita allarmata, verificava (in questi casi l’imperfetto è d’obbligo) che i due si trovavano in possesso di magliette Neil Barret sei da euro 200 cadauna, per un totale complessivo di euro 1200 che è come dire uno stipendio da impiegatino, o se preferite due redditi mensili scarsi di cittadinanza, ovvero 14 secondi di performance del Carta. Comunque sia, per i milanesi la Rinascente resta il tempio sacro degli acquisti della Milano del boom economico anni 60: rubacchiare lì è uno sfregio inammissibile, grave come fregarsi la corona della Madonnina sulla guglia più alta.



Qui non siamo nella Parigi sessantottina della Rive Gauche quando, se eri di sinistra e alla page, era d’uso rubare libri da Maspero, una specie di Feltrinelli d’Oltralpe, che essendo a sua volta di sinistra non poteva ricorrere alla giustizia borghese. Non siamo nemmeno più ai tempi degli espropri proletari, e del resto Carta tutto può essere e fare meno che il proletario.



Comunque, alle magliette erano stati astutamente tolti gli antitaccheggio tramite cacciavite reperito nella borsetta della signora, ma ingenuamente non le placchette flessibili. È a causa delle medesime che il Famoso e l’Innominata hanno fatto marrone proprio il venerdì nero, Black Friday, che – va ribadito con forza – è giorno di grandi sconti, non di furti.

Ma ecco: colpo di scena. Il giudice ha convalidato l’arresto della donna, in quanto la medesima risultava detenere la refurtiva e il cacciavite nella borsa. Ha rimesso invece in libertà il Carta, che non deteneva nulla e non portava nemmeno la borsetta. Carta, che non ha la borsetta ma ha avvocati e addetti stampa, ha subito diffuso una proclamazione di totale innocenza. In sostanza: “un momento scior padrone, mi hoo faa nient, l’è stada…”. È stato chi? “Mica la spia faccio, mi parli no!”. 



Ci sarà il processo a settembre. Il Famoso è libero, ma resta indagato per furto aggravato. Non resta che attendere che la giustizia, nella quale chi non ha piena fiducia?, faccia il suo corso e ci indichi  qual è la busta con il finale giusto. Perché, in Tribunale, Carta canta. Se la busta uno: poche balle, ha rubato anche lui, solo che non sa usare il cacciavite e la refurtiva l’ha scaricata all’Innominata perché lui è il Famoso. Movente: i ricchi non ne hanno mai abbastanza. Pena da scontare nel girone delle Bande del Buco.

Oppure la busta due: avendo sperimentato che da ricchi si può avere tutto ma perdere se stessi, ha deciso di fare una bravata per ritrovare il proprio io. Da ricco, naturalmente: ingaggia una sicaria, e per contenere le spese, le fa da palo. Movente: ritrovare l’autostima risparmiando qualcosina sull’analista. Pena da scontare nel girone dei Braccini Corti.

Infine, la busta tre (confesso che è quella che preferirei): lui non c’entra niente, è innocente; era solo andato a fare un giro in un centro commerciale con un participio presente sull’insegna, imbattendosi in una – onestissima fino a prova contraria – Innominata dall’età nota, che appariva irresistibilmente desiderosa di regalare magliette firmate ai bambini poveri che non gli hanno dato il reddito di cittadinanza e non possono approfittare del Black Friday. Movente dell’azione: un cuore d’oro, pronto a fare la carità. In outsourcing. Assolto. Niente pena. Solo una breve gita didattica in Purgatorio, girone – pardon – cornice dei Pirla. C’è anche Adamo, che mai si lasciò sfuggire il nome di Eva.