L’atto finale di Gomorra è ormai alle porte e quel Ciro l’Immortale tornato per il gran finale è di nuovo destinato ad uscire di scena anche se i fan sperano in modo non tragico. Il capolinea è vicino e Marco d’Amore si racconta in un’intervista a Il Corriere in cui parla di tutto quello che è stato questo percorso e, soprattutto, di questo percorso di odio e amore con il suo personaggio che lo ha portato da un estremo all’altro lasciando un segno dentro di lui. Ecco perché quando gli chiedono di spiegare il sentimento che prova per lui, Marco d’Amore spiega che non è così semplice farlo, almeno non adesso visto rimandando il discorso in futuro: “Tra dieci anni avrò il giusto distacco e sarò in grado di rispondere a questa domanda. C’è stato l’idillio, l’amore, lo schifo, l’odio. Ho sentito l’odore cattivo di posti dove la vita è considerata nulla., ma che magari un giorno avranno un grande futuro. Mi scrivono: non voglio che succeda nulla a Ciro. C’è un’evoluzione continua in lui, sentivo che gli mancava una nota di calore che lo rendesse strano, storto, è violento ma si commuove, atti atroci e piccoli gesti che lo rendono umano”.
Marco d’Amore “Ciro l’Immortale di Gomorra? Lo odio e lo amo”
Marco d’Amore poi si spinge oltre analizzando la sua Napoli, che non ama nella versione guascona che ne fanno, una città non solo di artisti ma anche di matematici visto che proprio il discusso quartiere di Forcella era una volta crocevia di scienziati. E poi dice la sua anche su Milano la città che lo ha accolto con la sua ‘freddezza’ ma che ha saputo comunque conquistarlo facendogli vivere il periodo che lui definisce bohémien: “Ne ero follemente innamorato, anche per la durezza con cui mi ha accolto. La stazione ferrosa e grigia, il freddo…Frequentavo la scuola Paolo Grassi..”.