Il dibattito politico degli ultimi giorni ha riguardato prevalentemente l’accordo sui migranti siglato da Italia e Albania. Intervistato dal Corriere della Sera, Marco Minniti ha acceso i riflettori sull’unico precedente – quello con Regno Unito-Ruanda del 2022 – che non ha portato risultati: “A oggi non è stato trasferito alcun migrante. Aggiungo: la preoccupazione per loro era l’immigrazione albanese. Non fossero cose serissime si potrebbe dire: la Gran Bretagna voleva portare gli albanesi in Ruanda, noi gli africani in Albania, non mi sembra una prova di grande lungimiranza”. L’ex ministro dell’Interno in quota Pd aveva apprezzato l’idea di Meloni di un patto con l’Africa che includesse il piano Mattei, ma al momento sembra prevalere la tattica sulla strategia. Minniti ha aggiunto: “Prima si era parlato di due centri, poi di uno. Non vorrei dare io una interpretazione autentica del Rama—pensiero. Ma mi sembra pesi l’incognita gigantesca della considerazione dell’extra territorialità”.



Il giudizio di Minniti

I rischi ci sono ed è inutile negarlo, ha evidenziato Minniti, a partire dalle tensioni con il sistema giudiziario. Secondo l’ex titolare del Viminale l’intesa tra Roma e Tirana è semplicemente una misura tampone che va nella logica dell’emergenza: “Ma l’immigrazione è un dato strutturale del pianeta. Se era vero prima del 7 ottobre, questo principio diventa ancora più importante. Anzi vitale. C’è bisogno che l’Ue faccia sentire la sua voce. Invece anche stavolta ha scelto di non avere ruolo”. Sul punto Minniti ha evidenziato che il Consiglio d’Europa ha trovato una difficile mediazione sulle pause umanitarie, ma poi l’Ue non è stata in grado di presentare alcun punto di vista unitario: “E, al momento del voto, si è divisa in tre: una parte a favore della mozione della Giordania, una astenuta, un’altra contraria. Il segno dell’ininfluenza”.

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