17 anni sono passati dalla morte del Pirata, Marco Pantani, che proprio oggi avrebbe compiuto 51 anni. Era nato il 13 gennaio 1970, figlio di quella Cesenatico che ha fatto di lui un vero simbolo sportivo e non di questa cittadina della Romagna. Le sue imprese vengono ancora ricordate a causa di quel ciclismo epico che Pantani sapeva interpretare. I suoi successi, l’accoppiata Giro Tour nel 1998 che nessun corridore è riuscito poi a centrare e tanto altro. Per ricordare il Pirata abbiamo sentito Claudio Chiappucci, anche compagno di squadra di Marco Pantani. Eccolo in questa intervista esclusiva per IlSussidiario.net.
Oggi è il compleanno di Marco Pantani, cosa significa per lei questo anniversario? E’ un anniversario importante, sono passati tanti anni ma non si può dimenticare un campione come Pantani, in particolare la doppietta Giro-Tour del 1998 è passata alla storia.
Si può definire uno dei più grandi scalatori di tutti i tempi? Certamente, perchè con le sue imprese sapeva far appassionare la gente. Partiva da lontano come sanno fare solo i grandi scalatori e riusciva e fornire prestazioni straordinarie. Nelle corse a tappe era irresistibille. Per questo merita di essere tra i più forti corridori di tutti i tempi.
Quale impresa del Pirata ricorda maggiormente? Quella al Giro d’Italia del 1994, quando nella tappa Merano Aprica arrivammo lui primo e io secondo, un’impresa veramente da incorniciare.
Perchè a 17 anni dalla sua scomparsa Marco Pantani è rimasto nel cuore della gente? Le sue vittorie, i suoi successi, il modo con cui li costruiva e li portava a termine lo faranno ricordare per sempre. Pantani proprio per questo è entrato nel cuore della gente.
Gli ultimi suoi anni sono stati molto difficili, cosa ha pagato Pantani? Forse il fatto di essere così riflessivo gli ha fatto pagare le sue fragilità, le sue debolezze negli ultimi anni della sua vita.
Una morte ancora avvolta nel mistero, cosa è successo veramente secondo lei? Difficile dire cosa sia veramente successo, non è stata ancora portata alla luce la verità sulla sua scomparsa. Pantani ritrovato morto in quella camera d’albergo, il dolore e la tristezza di tutti, di sua madre in particolare che ha sofferto più di tutti per la sua morte.
Ha avuto modo di conoscerlo: come era il Marco Pantani fuori dalle corse? Pantani era un tipo riflessivo fuori dalle corse, era una persona posata.
Avremo mai più uno come lui in futuro, non solo in Italia? Difficile trovare un altro Pantani. C’è stato l’avvento delle nuove tecnologie nel ciclismo. C’è un modo diverso di correre, di interpretare il ciclismo. Non si parte più da lontano, c’è un tipo di ciclismo calcolato. Pantani partiva da lontano, così costruiva le sue vittorie per un ciclismo epico, che piaceva alla gente.
Si può dire che Chiappucci è stato il maestro di Pantani? Non posso dire il maestro, posso dire che ci siamo confrontati nel modo di correre, nel modo di fare ciclismo. Più che altro con tutti i miei anni di esperienza sono riuscito a dare consigli giusti a Marco, poi tutto il resto l’ha dato lui. La mia esperienza non può che essergli stata utile. Marco resta un grande campione, una grande persona che manca a me come a tutti noi ancora adesso… (Franco Vittadini)