Il 14 febbraio 2004 il corpo senza vita di Marco Pantani, il leggendario “Pirata” del ciclismo, veniva ritrovato nella sua stanza d’albergo del Residence “Le Rose” di Rimini. Ma come è morto Marco Pantani? La morte del campione, la cui fine sportiva fu decretata dalla squalifica per ematocrito alto a Madonna di Campiglio nel 1999 con l’esclusione dal Giro d’Italia che stava dominando, è al centro di un giallo lungo decenni. La sua famiglia non ha mai creduto al fatto che fosse solo in quella camera e alla overdose volontaria da cocaina e psicofarmaci ricostruita ufficialmente all’esito delle indagini.



Fu omicidio? Ancora oggi l’ipotesi su come è morto Marco pantani regna tra le pieghe di una storia intrisa di gloria e sofferenza, dove resta aperto uno spiraglio alle tante incongruenze che sarebbero state rilevate sulla scena del ritrovamento del cadavere del corridore. Le parole di Marco Pantani a margine del controllo antidoping a Campiglio, il 5 giugno 1999, hanno il sapore di una profezia che si autoavvera: “Sono stato controllato già due volte, avevo già la maglia rosa, avevo 46 di ematocrito e oggi mi sveglio con una sorpresa. Credo che c’è qualcosa sicuramente di strano e devo dire che ripartire, questa volta, sarà difficile. Sono ripartito dopo dei grossi incidenti, ma moralmente questa volta credo che abbiamo toccato il fondo“.



I genitori di Marco Pantani: “Contro di lui una congiura. Ucciso due volte, a Campiglio e a Rimini”

Secondo i genitori, Marco Pantani sarebbe stato vittima di un complotto e le condizioni in cui è stato rinvenuto il corpo non sarebbero altro che una messinscena per far credere a un decesso dovuto all’abuso di sostanze in cui sarebbe precipitato dopo la disfatta di Campiglio del 1999. L’autopsia avrebbe confermato che a ucciderlo sarebbe stato un edema polmonare e cerebrale dovuto a un mix letale di droga e antidepressivi. Ma sono tanti i pezzi del puzzle a non tornare, nel mosaico di una fine ancora oggi al centro di un vero e proprio enigma. Marco Pantani era davvero solo quel giorno in quella stanza d’albergo? Qualcuno voleva toglierlo di mezzo nell’alveo di un circuito di scommesse clandestine su cui la Camorra aveva steso le sue spire?



Mamma Tonina e papà Paolo Pantani non hanno mai smesso di lottare per l’accertamento della verità su come sia morto il figlio Marco, campione inarrivabile del ciclismo e scalatore puro dal talento folgorante. Da decenni, da quel maledetto giorno di San Valentino in cui la sua vita si è fermata, i genitori insistono sulla loro certezza: “Contro di lui una congiura. È stato ucciso due volte, a Campiglio e a Rimini”. E non sarebbe morto per una overdose volontaria di coca e psicofarmaci. Il Resto del Carlino riporta una dichiarazione del padre del Pirata nella quale si condensano i sospetti della famiglia: “Mio figlio è stato fatto fuori dai potenti perché oscurava troppo l’intero mondo dello sport ed era diventato un personaggio che attirava su di sé tutte le attenzioni e anche tutti gli interessi. Marco si è subito distinto per essere un grandissimo scalatore e sin dal suo esordio nei professionisti è riuscito a centrare importanti vittorie al Giro d’Italia, facendo impazzire di gioia tantissimi tifosi, che lo hanno sempre seguito. Con il passaggio alla squadra della Mercatone ha dimostrato di essere il numero uno, tant’è che nel 1998 ha vinto tutto ciò che c’era da vincere, aggiudicandosi una storica doppietta al Giro d’Italia e al Tour de France. Il giro delle scommesse sul calcio e la Formula Uno – ha aggiunto Paolo Pantani in occasione del 20° anniversario della morte del figlio – era sensibilmente diminuito, si parlava di 1,2 miliardi di lire in meno nel calcio e 800 milioni di lire in meno nella Formula Uno, mentre tanti scommettevano sul ciclismo e su Pantani. Persino la criminalità organizzata ci stava rimettendo con le vittorie di Marco, così nel 1999 lo hanno fatto fuori scambiando le provette all’antidoping e nessuno si è mosso per difenderlo da questa immensa ingiustizia”.

Come è morto Marco Pantani? le inchieste e le ombre sulla morte

Tre le inchieste aperte negli anni sul caso Marco Pantani, l’ultima orientata anch’essa verso l’archiviazione nel 2024. Per la Procura non fu un omicidio e quel giorno, nella stanza del residence riminese, Marco Pantani era solo. Mai sciolto il nodo del contesto del decesso: una overdose volontaria nello spettro di una intenzione suicidaria oppure un fatto accidentale, ma per gli inquirenti nessun elemento concreto che porti a ritenere sussistente l’azione di terzi sulla scena. Nemmeno la stanza a soqquadro, con addirittura elementi del bagno trovati in posizione anomala, per chi ha indagato porterebbe a credere alla presenza di altre persone dentro quella camera.

La tragica fine di Marco Pantani è stata seguita da un lungo iter giudiziario. Ad alimentare i dubbi della famiglia, anche alcune tumefazioni sul volto e sulle braccia del campione, quel lavandino del bagno staccato dal muro, lo specchio appoggiato a terra, l’armadio davanti alla porta d’ingresso, trovata chiusa dall’interno, la foto di un presunto bolo di mollica e cocaina accanto al cadavere che i primi soccorritori intervenuti hanno detto di non aver mai visto. E ancora, le chiamate di Marco Pantani in reception per segnalare rumori e gente che gli stava dando “fastidio”. Le telecamere di sorveglianza non funzionanti e insistenti all’ingresso del retro del residence, al quale si sarebbe potuto accedere anche dall’ala garage senza essere visti. Nel 2014, questi e molti altri dettagli hanno portato all’apertura della seconda indagine con l’ipotesi di omicidio volontario a carico di ignoti poi archiviata. Sui fatti di Madonna di Campiglio, un fascicolo per associazione per delinquere finalizzata alla frode e truffa sportiva avrebbe trovato impulso nelle rivelazioni di Renato Vallanzasca dal carcere. A suo dire informato da un soggetto legato alla Camorra che “il pelatino” non avrebbe mai vinto il Giro d’Italia del 1999 (sul quale, invece, Pantani aveva già messo un’ipoteca per il successo finale), così da non scommettere sulla sua vittoria. Ma anche l’inchiesta sulla presunta manomissione delle analisi si sarebbe arenata sfociando nell’archiviazione, senza trovare riscontri. “Ho visto Marco Pantani portato via nel sacco – ha dichiarato la madre del campione –. E lì ho cominciato a dire ‘me l’hanno ammazzato’. È inutile che io vada avanti perché tanto la verità non verrà mai fuori. Io voglio la verità scritta, nient’altro. Solo allora potrò morire in pace. Prima no“.