La famiglia di Marco Pantani si oppone all’archiviazione dell’inchiesta sulla morte del ciclista, scomparso vent’anni fa, il 14 febbraio, in un residence di Rimini. I legali della famiglia hanno presentato opposizione alla richiesta di archiviazione della procura di Rimini della terza indagine sul decesso, chiedendo che l’inchiesta coordinata da Elisabetta Melotti e dal sostituto Luca Bertuzzi, prosegua. Sono stati interrogati, nel corso dell’indagine, tutti i testimoni e le persone ritenute informate sui fatti legati alla morte del campione di ciclismo, ma per i difensori non è abbastanza.



L’avvocato Fiorenzo Alessi, legale dei genitori di Marco Pantani, aveva affermato qualche tempo fa: “Se e quando arriverà una richiesta di archiviazione, ne valuteremo le motivazioni e decideremo se varrà la pena fare opposizione. Da quanto sappiamo, in questi anni la procura ha indagato a fondo seguendo anche i nuovi indizi e le nuove tracce che abbiamo fornito per conto della famiglia Pantani”. Proprio lo stesso avvocato, però, si sarebbe opposto all’archiviazione presentando ricorso, chiedendo di interrogare i medici che avevano in cura Pantani per valutare la quantità dei farmaci assunti.



Marco Pantani, i legali chiedono nuovi confronti

Come spiega Il Fatto Quotidiano, l’avvocato ha chiesto inoltre di mettere a confronto alcuni degli “attori” coinvolti, a cominciare da Fabio Miradossa, che patteggiò nel 2005 una pena per spaccio. Lo stesso, in commissione Antimafia, disse: “Marco Pantani è stato ucciso, l’ho conosciuto 5-6 mesi prima che morisse e di certo non mi è sembrata una persona che si voleva uccidere. Era perennemente alla ricerca della verità sui fatti di Madonna di Campiglio, ha sempre detto che non si era dopato”. Parole che non aveva poi confermato nel corso della terza indagine. Dopo aver fissato un’udienza sulla richiesta di archiviazione, il giudice sarà chiamato ad esprimersi.



Parlando al Quotidiano Nazionale, qualche settimana fa la mamma del campione aveva affermato: “Quel giorno a Madonna di Campiglio l’hanno fregato, ma peggio ancora l’hanno voluto fare fuori. Era evidentemente scomodo a qualcuno. E nessuno mi toglie dalla testa che vent’anni fa, quando è morto, non era solo nel residence di Rimini. Tanti avvoltoi gli giravano attorno”. Parole condivise dal papà: “Il dispiacere più grande è che avrebbe potuto vincere ancora tanto ed essere con noi, invece l’hanno ucciso due volte, la prima a Madonna di Campiglio nel ’99 e poi a Rimini nel 2004″.