Qualche giorno fa aveva destare scalpore quell’intervista tutt’altro che banale fatta dal Corriere della Sera a Marco Paolini, uno dei migliori autori, monologhisti e attori teatrali, rimasto coinvolto in un drammatico incidente lo scorso 17 luglio 2018 sull’A4 Milano-Venezia dove vicino a Verona una donna rimase uccisa per un errore al volante proprio di Paolini. Aveva suscitato scalpore quel «non riesco a perdonarmi di essere un omicida stradale» e neanche il colpo di tosse fatale che avrebbe causato l’incidente, come sostiene Paolini, basta a “giustificare” quel dramma da lui stesso causato e di cui lui non riesce a darci pace. Oggi però sempre al CorSera parlano il marito e i figli di Alessandra Lighezzolo, la donna morta nel tremendo incidente sull’A4: «Avrei preferito il silenzio, se Paolini si sente in grado di andare avanti lo doveva fare senza farsi intervistare. Avrei preferito che prima chiarisse con noi, che parlasse a noi». Possibilità di perdonarlo? «No, non ora, ci ha tolto tutto, ma non escludo che col tempo potrei riuscire a perdonarlo», spiega Massimo Meggiolaro, il marito rimasto vedovo dopo l’incidente con Paolini.
MARCO PAOLINI RACCONTA LA TRAGEDIA DELL’INCIDENTE
Ancora più netti e duri i figli della donna, che sempre al Corriere della Sera spiegano di non aver gradito l’intervista di Gian Antonio Stella all’attore condannato per omicidio stradale con pena (un anno di reclusione) sospesa con la condizionale: «Perdonarlo? Non se ne parla, non sappiamo nemmeno se avremmo voglia di incontrarlo. Ci ha tolto mamma, la donna della nostra vita, non è più niente come prima ora. Bisogna viverla sulla propria pelle per capire». Il dramma del perdono, il dolore e il mistero di una morte causata forse da un fatto assurdo come un colpo di tosse: Paolini non riesce a spiegarselo e già nell’intervista ammetteva «Sono sicuro che le vittime di questo incidente che ho provocato non saranno dello stesso avviso. Li capisco. Se io pensassi a qualcuno che mi ha portato via la donna che amavo nessuna pena mi sembrerebbe adeguata. Ho scritto privatamente a loro. Pur immaginando di essere, per loro, non voluto e molesto – ha spiegato – . Non ho ricevuto risposta. Capisco. L’avrei fatto anch’io. Poi ho scelto il silenzio. Ho pensato che qualunque cosa avessi detto sarebbe stata poco rispettosa nei confronti delle famiglie». Ai colleghi del CorSera, l’attore di Vajont ha raccontato il dramma di quei momenti in auto ormai un anno fa: «Undici mesi dopo quel giorno non è cambiato molto. Posso provare a capire me stesso. Ma non riesco a perdonarmi di aver ucciso una donna. C’è scritto nero su bianco: ‘Omicida stradale‘. Capisco la parola usata dal legislatore. La capisco. Bisogna rendere le persone consapevoli del rischio che fanno correre agli altri quando guidano. È giusto». Un semplice colpo di tosse causato da polipetto in gola che avrebbe scoperto solo qualche giorno dopo la tragedia: «Non stavo telefonando. E neppure ricevendo messaggi. Dato l’allarme la prima cosa che ho fatto è stata quella di consegnare appunto il telefonino alla Stradale. Loro hanno potuto confrontare tutti i dati. L’ultima telefonata l’avevo fatta a mia moglie qualche minuto prima per dirle che arrivavo. Ricordo di aver ammesso subito che era stata colpa mia. Che ero io, il responsabile. Io ad avere sbagliato» ha raccontato l’attore dopo che in pochi secondi il suo colpo di tosse lo ha di fatto spostato sulla corsia di destra dove sopraggiungeva la 500 con la donna al volante assieme ad un’amica. Poi il volo giù dal cavalcavia, la morte e il mistero di una vita spezzata e di tante vite “rovinate” per quel piccolo ma fatale fattore: Paolini non si perdona e per ora neanche i familiari della vittima. E il mistero umano si allarga sempre di più..