Inchiesta clamorosa a Catanzaro portata avanti dalla Procura e dalla Guardia di Finanza: il magistrato della Corte d’Appello Marco Petrini è stato arrestato assieme a due avvocati del foro di Locri – Francesco Saraco (domiciliari) – e Catanzaro, Marzia Tassone. Secondo le anticipazioni date da Il Fatto Quotidiano e la Gazzetta del Sud, i tre arrestati nella maxi inchiesta in Calabria si vedono imputare reati gravissimi: soldi, gioielli ma anche prestazioni sessuali in cambio di “favori” nei processi con sentenze “aggiustate”. L’operazione ha emesso altre 5 misure cautelari su richiesta del gip di Salerno: 7 in carcere e uno, l’avvocato di Locri, ai domiciliari: in manette sono finiti anche «Emilio Santoro, Luigi Falzetta, Giuseppe Tursi Prato, Vincenzo Arcuri, Giuseppe Caligiuri», fonte da la Gazzetta del Sud. Dietro all’operazione vi sarebbe un lavoro di mesi che dalla GdF alla Procura ha ricostruito un presunto sistema di corruzione in favore del magistrato Petrini, Presidente della Sezione della Corte d’Appello di Catanzaro ma anche Presidente della Commissione Provinciale Tributaria. Stando a quanto emerso dalle accuse, il giudice sarebbe intervenuto «in cambio di consistenti somme di denaro, oggetti preziosi e anche prestazioni sessuali» per sistemare sentenze in proprio favore, con la complicità e l’intervento degli altri 7 indagati e arrestati.



LE ACCUSE CONTRO IL MAGISTRATO DI CATANZARO

Le indagini della Dda di Salerno hanno poi permesso di ricostruire «una sistematica attività corruttiva» nei confronti del magistrato, come si legge nelle ordinanze emesse dal gip di Salerno. Nello specifico, spiegano ancora dalla Procura, il magistrato Petrini interveniva per ottenere «in processi penali, civili e in cause tributarie sentenze o comunque provvedimenti favorevoli a terze persone concorrenti nel reato corruttivo». Nella nota dei giudici che hanno curato l’inchiesta ed emesso gli 8 arresti preventivi, si legge come i diversi provvedimenti favorevoli – presenti – richiesti al magistrato della Corte d’Appello, «erano diretti a vanificare, mediante assoluzioni o consistenti riduzioni di pena, sentenze di condanna pronunciate in primo grado dai tribunali del distretto, provvedimenti di misure di prevenzione, già definite in primo grado o sequestri patrimoniali in applicazione della normativa antimafia, nonché sentenze in cause civili e accertamenti tributari». Oltre a Petrini e agli avvocati, vi sarebbe anche un’altra figura “insospettabile” dietro al sistema correttivo: si tratterebbe di un medico in pensione, ex dirigente dell’Asp di Cosenza: «stipendiava mensilmente il magistrato per garantirsi il suo asservimento e procacciava nuove occasioni di corruzione proponendo a imputati in primo grado o loro parenti, e a privati soccombenti in cause civili, decisioni favorevoli in cambio di denaro, beni o altre utilità», secondo le accuse riportate dalle anticipazioni de La Gazzetta del Sud.

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