Li chiamano Hikikomori, e sono quei ragazzi che vivono rinchiusi in casa sostanzialmente per paura del giudizio altrui, di non essere capiti o peggio ancora, bullizzati e derisi. Una sorta di “vergogna” esagerata, che porta migliaia di giovani a tagliare ogni contatto fisico con l’esterno, rinchiudendosi in casa, quasi esclusivamente nella propria cameretta di fronte a computer, tablet e smartphone. Oggi ItaliaSì, programma di Rai Uno, ha avuto un collegamento proprio con un ragazzo Hikikomori, leggasi Marco Brocca, un giovane che non è uscito di casa per 7 anni, seppur intervallati. “Due/tre anni di reclusione ad intermittenza – ha raccontato Marco stamane – vedevo anche i miei amici, li sentivo e venivano qui da me, anche persone che avevo conosciuto alle medie. Ho avuto la possibilità di non tagliare completamente quella parte sociale come molti invece fanno”. Marco racconta le difficoltà avute all’inizio di questa scelta complicata: “E’ stato difficile all’inizio, perchè di questo fenomeno si parla adesso. quando ho iniziato nemmeno io sapevo cosa dire ad amici e parenti, ci è voluto un po’ di tempo. Mia madre è quella che mi ha capito un po’ di più e adesso abbiamo un grande rapporto”.
MARCO, RAGAZZO HIKIKOMORI: “NON SENTO IL BISOGNO DELL’AMORE”
Mauro Coruzzi ha quindi chiesto a Marco se fosse innamorato, e lui ha risposto: “Al momento non sono innamorato, prima di rinchiudermi sì, ma ora no. E’ un po’ come se perdessi il livello emotivo. C’è un bisogno fisico ma sono conscio della mia situazione e non ho mai avuto questo bisogno d’amore negli ultimi anni. Il giorno in cui uscirò? Lo immagino ma non so quando avverrà, spero ci sarà ma vivo giorno per giorno”. In collegamento anche Marco Crepaldi, numero uno dell’associazione Hikikomori Italia, che ha spiegato di come siano circa 100mila i giovani nelle situazioni del ragazzo di cui sopra in Italia: “E’ la stima della nostra associazione, noi abbiamo al momento circa 3mila genitori associati. Ci sono moltissimi ragazzi in queste situazioni quindi abbiamo deciso di creare quest’associazione. Internet per loro è fondamentale – aggiunge – grazie ad esso possono continuare a studiare, rifiutano le relazioni dal vivo ma continuano invece ad avere quelle digitali. Non escono di casa perchè sono apatici, non hanno una motivazione e soffrono il giudizio altrui”.