Marco Rizzo, politico di sinistra di vecchia data, è finito nel mirino della “twittatura”, il ban da parte del noto social network americano. Dopo il caso Donald Trump, che ha fatto il giro del mondo, e quello tutto italiano del quotidiano Libero, anche per il Comunista Rizzo è arrivata la mannaia digitale: “Un ban, poi rientrato, e un oscuramento della mia pagina. Perchè? Ho solo fatto un semplice paragone politico. Evidentemente dà noi il pensiero critico – racconta lo stesso Marco Rizzo ai microfoni di Libero – Facebook non è una piscina – aggiunge – dove sei vai più di dieci volte senza occhialini ti vietano di entrare. E’ vero che ha una policy ma è anche vero che questo è il luogo dove passa il 100% della mediazione politica”.



“E quindi se tu non inciti all’odio o alla violenza – si domanda ancora il segretario generale del Partito Comunista – come si permettono di fare una cosa del genere con un giornale? Un politico? Un cittadino?”. Secondo lo stesso politico i big tech hanno di fatto preso il sopravvento: “Facebook, Amazon e Youtube prendono per un orecchio il presidente degli Usa eletto del popolo. Per i magnati del digitale la democrazia funziona solo se piace a loro…”.



MARCO RIZZO BANNATO DAI SOCIAL: “UNA PARTE MAINSTREAM USA L’ANTIFASCISMO”

In riferimento al caso dell’assessore regionale del Veneto, Elena Donazzan, sospesa dai social dopo aver cantato Faccetta Nera in radio, Rizzo aggiunge: “C’è una parte ampia del mainistream che usa l’antifascismo – che per me è religione laica dello Stato – per fini personali. Proprio il mio antifascismo mi fa dire che è più pericoloso ciò che sta accadendo sui social che un cretino che fa il saluto romano. Dico di più: l’antifascismo oggi deve essere la lotta contro questi grandi potentati”. Il giornalista di Libero fa quindi notare a Marco Rizzo come lo stesso sia l’unico politico di sinistra, assieme all’ex sindaco di Venezia, Cacciari, a dimostrare sensibilità al tema: “Io sono stato in un quartiere periferico di Torino – ha replicato – dove c’era la federazione del Pci, che era una cosa seria. Oggi al posto di quella sezione c’è una sede dell’Unicredit. Qualcuno era contento: mi ricordo che esclamava ‘Finalmente abbiamo una banca’”.

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