Grande soddisfazione per Marina Conte, la mamma di Marco Vannini, dopo che la Cassazione ha chiesto un nuovo processo per la morte del figlio. In collegamento con il programma di Rete Quattro, Quarto Grado, ha parlato così con Gianluigi Nuzzi: “Io questa mattina quando sono arrivata in Cassazione, ho sentito parlare il Procuratore generale che è stato molto determinato. Ero un po’ preoccupata, avevo paura dopo due delusioni che mi avevano lasciato l’amaro in bocca. Marco era vicino a me. Io sono sempre stata cattolica ma non ero una donna di preghiera, ma dopo la morte di Marco sono diventata molto religiosa. E anche ieri sono andata in chiesa a pregare. Appena ho saputo la sentenza, ho lanciato un urlo di dolore”. Marco è morto nel 2015 nella villetta di Ladisposli dei Ciontoli, in circostanze non ancora chiare, nonostante siano passati già quasi sessanta mesi da quei tragici eventi. La speranza è che con un nuovo processo si possa fare finalmente chiarezza. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
MARCO VANNINI: LA CASSAZIONE ORDINA UN NUOVO PROCESSO
Processo bis per l’omicidio di Marco Vannini. La Corte di Cassazione ha disposto un nuovo processo d’appello per Antonio Ciontoli, condannato in appello a 5 anni con una importante riduzione rispetto ai 14 comminati dai giudici di primo grado. Lo stesso per la moglie Maria Pezzillo e per i figli Federico e Martina, che erano stati condannati a 3 anni. È quindi stata respinta la richiesta del principale imputato, che puntava ad un ulteriore sconto di pena. Applausi in aula quando è stata data lettura del verdetto. La mamma di Marco Vannini è stata colta da un leggero malore per l’emozione: soccorsa dai familiari e dalle forze dell’ordine, è stata portata fuori in una stanza riservata. La Cassazione ha quindi accolto la richiesta del procuratore generale Elisabetta Cennicola di annullare la sentenza di secondo grado con cui Antonio Ciontoli si era visto ridurre la pena. Per il pg quella sentenza è stato un errore e deve essere celebrato un nuovo processo davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Roma, invece Ciontoli chiedeva la cancellazione dell’aggravante della “colpa cosciente”. (agg. di Silvana Palazzo)
MARCO VANNINI, LA REQUISITORIA DEL PG DELLA CASSAZIONE
Nel corso della requisitoria in corte di Cassazione per l’omicidio di Marco Vannini, l’accusa ha espresso tutti i suoi dubbi sulla vicenda sostenendo: “Marco Vannini non è morto per un colpo di arma da fuoco, ma è morto per un ritardo di 110 minuti nei soccorsi” da parte dei componenti della famiglia Ciontoli. Il pg della Cassazione, dopo aver definito la vicenda “gravissima e quasi disumana” ha aggiunto che “per ben 110 minuti hanno mantenuto una condotta reticente e omissiva parlando al telefono con gli operatori del soccorso”. Non solo l’accusa ma anche la parte civile ha chiesto la riapertura del processo e pene più severe. “Ciontoli ha seguito passo per passo l’agonia di Marco Vannini, pensando solo a salvare il suo posto di lavoro. La morte del ragazzo avrebbe portato via l’unico testimone di quello che è successo nell’abitazione di Ladispoli”: a parlare, come spiega Fatto Quotidiano, è stato il professore Franco Coppi, legale di parte civile dei familiari di Marco Vannini. Coppi ha poi ricordato che Vannini fu colpito da un’arma micidiale, “lo sparo gli ha trapassato cuore e polmone, e una costola, e si è fermato sotto i muscoli del petto. Il cuore di Marco ha continuato a pompare sangue fino alla fine, si sarebbe salvato se lo avessero soccorso, come ha riconosciuto con onestà lo stesso consulente della difesa”. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
PG “OMICIDIO VOLONTARIO, SERVE NUOVO PROCESSO”
Sono durissime le parole usate quest’oggi nella requisitoria dinanzi alla prima sezione penale, da parte del Pg della Cassazione, Elisabetta Ceniccola, in merito all’omicidio di Marco Vannini. “Fu omicidio volontario, serve un nuovo processo”, le parole del procuratore generale che chiede quindi che venga annullata la precedente sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Roma (che aveva ridotto da 14 anni a 5 di reclusione per Antonio Ciontoli), e che di conseguenza venga effettuato un nuovo processo. Il pg, come riporta l’edizione online di TgCom24.it, parla di vicenda “gravissima e quasi disumana. Marco Vannini non è morto per un colpo di arma da fuoco, ma è morto per un ritardo di 110 minuti nei soccorsi”. Un ritardo nel chiamare i soccorsi che “costituisce l’assunzione di una posizione di garanzia verso Vannini, presa da parte di Antonio Ciontoli e dai suoi familiari”. Ricordiamo che la sentenza è attesa in serata. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
SENTENZA CASSAZIONE MARCO VANNINI: OMICIDIO COLPOSO O VOLONTARIO?
«Prima nella giustizia ci credevo ora ci spero. Spero che sia arrivato il momento di fare veramente chiarezza e giustizia per Marco e ridargli rispetto»: a parlare è mamma Marina, la madre di Marco Vannini, arrivando questa mattina all’ultima sentenza (forse) dell’intero caso di omicidio che ormai da 5 anni preoccupa e angoscia la famiglia del povero bagnino di Ladispoli. In attesa che la Suprema Corte di Cassazione esprima la sua sentenza, Marina racconta di aver sempre avuto di fianco il marito Valerio come ancora di salvezza unica: «a mia roccia, il mio sostegno nei momenti di angoscia. Siamo io e lui». Intervistato ai microfoni di Chi l’ha visto ha parlato anche l’avvocato della famiglia Vannini, Celestino Gnazi, speranzoso di poter ribaltare la sentenza d’Appello contro la famiglia Ciontoli: «La Corte di Cassazione oggi può emettere tre tipologie di sentenze: confermare la sentenza di secondo grado; accogliere il ricorso presentato dagli avvocati della famiglia Ciontoli di togliere le aggravanti emesse nella sentenza di secondo grado; oppure che venga rifatto un nuovo processo. Noi – ha concluso il legale – confidiamo nella giustizia per Marco in quanto nella sentenza di secondo grado i principi di diritto sono stati mal esposti ed applicati». (agg. di Niccolò Magnani)
CASSAZIONE DECIDE SU OMICIDIO MARCO VANNINI
Il caso relativo all’omicidio di Marco Vannini è giunto al suo terzo e ultimo atto. Entro stasera è attesa la sentenza della Corte di Cassazione che si esprimerà su quanto avvenuto nella tragica notte tra il 17 e il 18 maggio 2015, quando il giovane ventenne di Cerveteri fu raggiunto da un colpo di pistola esploso nell’abitazione di via Alcide De Gasperi a Ladispoli. Si tratta dell’abitazione di Antonio Ciontoli, padre di Martina, all’epoca dei fatti giovane fidanzata di Marco. Una morte assurda, per la quale in primo grado il capofamiglia era stato condannato a 14 anni con l’accusa di omicidio volontario, salvo poi vedersi ridurre la pena ad appena 5 anni in Appello per omicidio colposo. Dopo quasi cinque anni si è arrivati all’appuntamento finale con la giustizia. La Cassazione dovrà decidere se confermare la sentenza emessa nel secondo grado o se annullare e riformulare il reato di omicidio volontario. Ci sarebbe anche una terza possibilità: la Corte potrebbe accogliere il ricorso presentato dalla difesa dei Ciontoli e procedere con una riduzione della pena a carico di Antonio Ciontoli e assolvere il resto della famiglia. Il terzo grado potrebbe inoltre anche rinviare tutto ad un nuovo processo di Appello bis.
OMICIDIO MARCO VANNINI: LA SENTENZA DI TERZO GRADO
Sono ore di grande attesa quelle che separano dalla sentenza in Cassazione sull’omicidio di Marco Vannini. In tanti saranno presenti all’esterno della Suprema Corte a Roma in attesa del verdetto ed in centinaia provenienti da tutta Italia si stringeranno attorno ai genitori della giovane vittima, Marina Conte e Valerio Vannini, i quali confidano nella piena giustizia dopo anni di attesa e dubbi. Quanto accadde realmente quella maledetta sera di metà maggio nella villetta dei Ciontoli resta ancora un mistero. Nell’abitazione di Ladispoli sarebbero stati presenti Antonio Ciontoli, capofamiglia, insieme alla moglie Maria Pezzillo, al figlio Federico ed alla figlia e fidanzata di Marco Vannini, Martina, In casa anche Viola Giorgini, fidanzata di Federico. Secondo il racconto di Ciontoli senior, sottufficiale della Marina distaccato ai servizi segreti, quella sera Marco sarebbe entrato in bagno per fare la doccia. Si trovava nella vasca al momento della tragedia: secondo la versione dell’uomo lui sarebbe entrato in bagno per prendere le pistole custodite in un armadietto: “Marco ha riconosciuto il marsupio nel quale tenevo le armi e mi ha chiesto di vederle”, avrebbe detto in un primo momento, come riferisce il sito de Le Iene. “Con la mano destra ho estratto l’arma dal marsupio. Nel movimento il marsupio mi stava per cadere. Mettendo la mano sotto ho praticamente stretto l’arma che avevo impugnato e mi è partito il colpo. Pensavo fosse scarica”, ha aggiunto. Versione questa ritenuta inverosimile da un esperto in balistica.
I DUBBI E LE PRESUNTE BUGIE
Antonio Ciontoli avrebbe poi cambiato versione: “Ho preso l’arma convinto che era scarica. L’arma non mi stava scappando, l’ho presa, l’ho impugnata, l’ho scarrellata e per gioco, per scherzo, ho fatto finta di sparare. Invece c’erano i proiettili all’interno della pistola e mi è partito il colpo”. Anche in questo caso l’esperto balistico interpellato da Giulio Golia per Le Iene avrebbe intravisto una versione irrealistica. Un discorso a parte ha a che fare con i soccorsi allerti in ritardo da parte dei Ciontoli. In merito Antonio al 118 parlò di “un buchino” fatto con la punta del pettine e non di uno sparo. Si giustificò asserendo: “È la prima cosa che mi è venuta in mente, non so perché gliel’ho detta. Non volevo che questa cosa uscisse, volevo pensarci io direttamente dal dottore”. Nessuno in casa si rese conto del colpo di pistola esploso, scambiato per un “colpo d’aria”. Tra gli altri aspetti della vicenda che non tornano, anche gli spostamenti delle pistole e l’auto di Antonio Ciontoli. In riferimento al primo caso, sarebbe stato Federico a spostare le armi mentre una vicina di casa mai ascoltata dagli inquirenti avrebbero riferito che quella drammatica sera l’auto del capofamiglia non sarebbe stata parcheggiata dove era solito essere negli ultimi venti anni.