L’omicidio di Marco Vannini sarà al centro del nuovo speciale de Le Iene in onda questo lunedì in prima serata. La trasmissione si è occupata a lungo del caso che vede tristemente protagonista un giovane ragazzo 20enne di Cerveteri. nella notte tra il 17 ed il 18 maggio 2015, Marco si trova nella villetta di via Alcide De Gasperi a Ladispoli. E’ l’abitazione della fidanzata Martina Ciontoli e qui, oltre alla ragazza, c’è anche il resto della sua famiglia: Antonio Ciontoli, il padre, la madre Maria Pezzillo, il fratello Federico e la fidanzata di quest’ultimo, Viola Giorgini. In tarda serata, Marco sarà raggiunto da un colpo di pistola che poi si rivelerà mortale. Eppure, come spesso sottolineato dalla madre della giovane vittima, ad ucciderlo non fu lo sparo ma la condotta successiva adottata da coloro che quella sera erano presenti in casa. Per la morte di Marco Vannini, il capofamiglia Antonio Ciontoli, reo confesso del delitto, è stato condannato in secondo grado a 5 anni con l’accusa di omicidio colposo. In primo grado l’accusa era stata di omicidio volontario per il quale fu condannato a 14 anni. Ora l’uomo attende l’ultimo capitolo di una vicenda giudiziaria complessa che si concluderà il prossimo 7 febbraio 2020, quando la Cassazione sarà chiamata ad esprimersi sull’accusa di omicidio colposo per la morte del giovane 20enne.
OMICIDIO MARCO VANNINI: VERSIONI DI ANTONIO CIONTOLI
Nello speciale in replica de Le Iene dedicato alla morte di Marco Vannini – già andato in onda lo scorso aprile -, Giulio Golia ripercorrerà l’intricata vicenda a partire dalla drammatica sera dello sparo. Secondo la versione raccontata da Antonio Ciontoli anche in aula, Marco si trovava in bagno, nella vasca, quando lui entrò a prendere le due pistole che aveva custodito proprio in quella stanza, in attesa di usarle per una esercitazione di tiro. Secondo Ciontoli, in seguito all’insistenza del ragazzo di vedere le armi, partì un colpo, prima per “errore”, poi per “scherzo”, entrambe le versioni ritenute inverosimili. Eppure, come rammenta lo speciale della trasmissione di Italia 1 – ma anche la difesa e la famiglia della vittima – nonostante la situazione di assoluta gravità i soccorsi per il 20enne furono attivati con estremo ritardo considerato dallo stesso giudice “colpevole”. Al 118 è sempre Ciontoli senior a parlare inizialmente di un “buchino” che Marco si sarebbe fatto con “un pettine”, per il quale sarebbe andato “in panico”. Non solo: nessuno in famiglia si accorse di nulla, credendo alle parole dell’uomo che riferì essersi trattato solo di un “colpo d’aria”.
ATTESA PER LA CASSAZIONE
A non tornare nell’intera vicenda relativa all’omicidio di Marco Vannini restano diversi aspetti: dai soccorsi allo spostamento delle pistole di Antonio (il cui porto d’armi era scaduto da due anni), passando per le testimonianze dei vicini di casa, alle quali si è recentemente aggiunta quella di un’altra persona, Davide Vannicola, ex amico del comandante Izzo e che proprio a Le Iene avrebbe sollevato dubbi sul vero autore del delitto. Dopo quasi cinque anni dall’omicidio di Marco Vannini, la Cassazione potrebbe scrivere la parola fine su una delle vicenda di nera che più ha scosso l’opinione pubblica ed il mondo del giornalismo, vicini alla famiglia del ragazzo ucciso. Gli ermellini dovranno decidere nei prossimi mesi sui ricorsi di procura e difesa contro la decisione dei giudici d’appello di condannare Antonio Ciontoli a 5 anni per omicidio colposo. La procura ha chiesto l’annullamento della sentenza con la riformulazione del reato in omicidio volontario (anche per moglie e figli di Ciontoli, condannati a 3 anni in Appello), mentre la difesa spera in una ulteriore riduzione della pena.
IL DOLORE DI MAMMA MARINA
La sentenza di secondo grado a carico di Antonio Ciontoli sull’omicidio di Marco Vannini ha scatenato l’ira dell’opinione pubblica ed in particolare della madre, Marina Conte. “Mio figlio me l’hanno ammazzato un’altra volta”, urlò ai giornalisti, schiacciata dal dolore, dopo aver appreso della condanna a 5 anni riservata al presunto responsabile dell’omicidio del suo unico figlio. Dopo l’Appello, parlando ai microfoni de Il Messaggero, la donna si disse ormai sfiduciata dalla Giustizia italiana: “Non ci credo più ormai. La Giustizia è morta. La vita di mio figlio per i giudici vale cinque anni. I carabinieri mi hanno anche buttata fuori dal tribunale perché ho protestato. L’Arma si è vergognata di aver espletato questo servizio”, commentò. E sulla riduzione di pena a Ciontoli, la signora Vannini espresse la sua opinione: “C’è qualcuno in alto che protegge i Ciontoli, altrimenti non c’è altra spiegazione. Nessuno di loro sconterà un giorno di galera. Mio figlio non c’è più e l’ergastolo lo sconto io. Forse sono i Servizi Segreti a proteggerlo: non lo penso solo io, lo pensano in tanti”, ammise. Ora che la sua vita senza Marco è totalmente cambiata, torna a sperare almeno nella Cassazione, quando forse potrebbe accadere l’atteso colpo di scena.