L’imprenditore italiano, Marco Zennaro, continua ad essere detenuto in Sudan in attesa di giudizio a Khartoum ma le condizioni della sua detenzione continuano ad essere inumane. Stando a quanto reso noto dal fratello Alvise, la sua ultima sistemazione sarebbe più simile ad una gabbia. L’uomo sarebbe tenuto in un quadrato di cemento con una grata al posto del soffitto dal quale penetra il sole battente per l’intera giornata senza possibilità di potersi riparare: “Sta bollendo là dentro con una ventina di altri prigionieri”, ha commentato il fratello da Venezia. All’esterno la temperatura è di circa 50 gradi nelle ore più calde della giornata “e di notte penso che la minima non scenda sotto i 40”, ha aggiunto preoccupato. Fortunatamente la famiglia riesce a comunicare con lui attraverso il telefonino.

Nelle ultime settimane la vicenda giudiziaria di Zennaro si sarebbe complicata sempre di più e la detenzione preventiva si sarebbe allungata ulteriormente. Lo scorso marzo, come rammenta il Corriere il distributore locale della ditta veneta di materiale elettrico aveva contestato una partita di trasformatori elettrici da un milione e 200 mila euro circa che Zennaro aveva inviato in Sudan dopo essersi aggiudicato un bando nel 2020. Il 46enne è così partito alla volta di Khartoum per risolvere il contenzioso ma subito dopo il suo arrivo è stato posto ai domiciliari. Dopo un rimborso di 400 mila euro la questione sembrava essersi risolta lo scorso primo aprile ma in seguito ad altre denunce per truffa l’uomo è stato arrestato. Non più però detenuto ai domiciliari in una stanza d’albergo come in precedenza, bensì nelle affollate camere di sicurezza di alcuni commissariati e poi in prigione.

MARCO ZENNARO DETENUTO IN SUDAN: CONDIZIONI DISUMANE

Società elettriche locali e vari clienti avrebbero preteso da Zennaro un altro milione e mezzo di euro. Tra i suoi querelanti, anche la società elettrica sudanese che vede a capo il parente stretto del numero 2 del Consiglio nazionale di transizione, il generale Mohamed Dagalo. Nelle scorse settimane, quando il direttore generale per gli italiani all’estero, Luigi Vignali, è stato inviato dalla Farnesina a parlamentare a Khartoum, il Sudan ha mosso altre denunce tali da impedire il rilascio dell’imprenditore italiano. La Farnesina si starebbe battendo affinché siano concessi almeno i domiciliari o comunque un trattamento più rispettoso dei diritti umani in attesa di fare chiarezza giudiziaria. A scendere in campo anche il patriarca di Venezia, Francesco Moraglia che ha chiesto l’intervento del nunzio apostolico in Sudan ed Eritrea, Luis Miguel Munoz Cardaba. Il sindaco Brugnaro invece invoca l’intervento di Draghi. Lo scorso weekend sul Canal Grande è stata organizzata una manifestazione dimostrando solidarietà all’italiano detenuto in Sudan.