Marco Zennaro, 46 anni, è l’imprenditore italiano che dall’1 aprile è rinchiuso in una cella di Khartum, la capitale del Sudan. L’uomo è accusato di frode, lui si dichiara innocente, ma la sua posizione, finita al centro di un intrigo internazionale, risulta ora cristallizzata dopo la morte per annegamento nel Nilo del suo accusatore. Zennaro ha dichiarato: “Dormo per terra insieme ad altri detenuti. L’ambasciata e mio padre mi portano da mangiare una volta al giorno. Non ho mai visto un carcere prima, non mi era mai capitata una cosa del genere, ma quello in cui sono rinchiuso dall’1 aprile è tremendo. Sono qui a causa di una persona che non ho mai incontrato e con cui non ho mai avuto nulla a che fare“. È questa la testimonianza dell’imprenditore veneziano rimbalzata in Italia attraverso la famiglia. Per assicurare assistenza a Zennaro si sono attivati i canali diplomatici della Farnesina.

MARCO ZENNARO, ITALIANO ARRESTATO IN SUDAN

Il ministero degli Esteri è impegnato nel tentativo di sbloccare una situazione kafkiana e preoccupante, come la definisce ilfattoquotidiano.it, soprattutto dopo la morte del mediatore con il quale l’italiano aveva trattato la vendita di una partita di trasformatori elettrici destinata alla Sedec, la società nazionale di energia elettrica. Ayman Gallabi, questo il nome del mediatore, è morto, secondo una versione ufficiale, nel corso di un’immersione sub; una versione che non convince la famiglia di Zennaro, che teme altre cause. Gallabi, ricostruisce ilfattoquotidiano.it, “aveva acquistato la fornitura con il finanziamento di Abdallah Esa Yousif Ahamed, un militare che fa parte del clan del potente generale Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemeti, capo di Rsf (Rapid Support Force), le milizie che operano nella capitale Khartoum e che furono protagoniste durante il golpe del 2019“. Proprio Abdallah ha fatto arrestare l’imprenditore italiano, accusandolo di frode nella fornitura di apparecchi elettrici. La prima contestazione dell’affare risale a marzo: secondo Gallabi vi era difformità tra le caratteristiche tecniche e i parametri indicati nei certificati di collaudo. Per questo motivo Zennaro ha raggiunto Khartoum e qui si è sentito contestare la fornitura, sulla base di un’analisi di laboratorio effettuata da una ditta concorrente. Egli ha replicato che ci si sarebbe dovuti affidare a un soggetto neutrale e per tutta risposta è stato denunciato e arrestato per frode.

MARCO ZENNARO: I RIFERIMENTI A REGENI…

In un primo momento Zennaro è rimasto agli arresti in albergo. Poi avrebbe trattato con Gallabi (ora defunto) versando 400mila euro, ma Abdallah chiedeva altri 700mila euro. Mentre stava per imbarcarsi su un aereo per tornare a casa, Zennaro è stato arrestato di nuovo, venendo portato stavolta in una cella della Polizia nonostante le sue condizioni di salute avrebbero richiesto un ricovero in ospedale. Secondo quanto ha riferito la famiglia, le richieste di pagamento – per intimidirlo ancor di più –, scrive ilfattoquotidiano.it, sono state accompagnate da riferimenti al caso di Giulio Regeni: “Regeni! Regeni! Paga“, è stato detto a Zennaro. Come riportato da Il Gazzettino di Venezia, il segretario di Abdallah ha scritto questo messaggio al padre di Zennaro: “Il problema, signore, è che la fiducia tra tutte le parti è crollata e il motivo è Gallabi. Questo è il motivo per cui il signor Abdallah non permetterà che i suoi soldi vengano pagati attraverso un credito bancario…Vuole i suoi soldi in contanti fino al rilascio di Marco. Spero che si trovi una soluzione, perché la situazione di tuo figlio è difficile in carcere…ho parlato con la polizia per farlo sedere in un ufficio, non in cella, e per essere trattato con gentilezza…Ma credimi, fai il tuo lavoro e salva tuo figlio da questa tragedia“. Zennaro è chiuso in una cella con altri 30 detenuti e una temperatura infernale.