Maria Cutaia, la mamma di Alex Pompa, chiede che il figlio venga assolto, a processo per aver ucciso il padre violento. Il pubblico ministero ha chiesto 14 anni di carcere, ma la famiglia e i legali del 20enne sono convinti che il giovane abbia agito solo per legittima difesa. «Mio figlio mi ha salvato la vita – ha raccontato Maria Cutaia, parlando ai microfoni del Corriere della Sera – se io e suo fratello Loris siamo qui, è per lui. Dopo tutto quello che abbiamo subito, pensare possa essere condannato a 14 anni mi fa star male: ha già scontato la sua pena crescendo con un padre violento». Alex Pompa uccise il padre la sera del 30 aprile del 2020, in pieno lockdown stanco dopo l’ennesima violenza contro la madre, e da quel giorno la mamma e il fratello non l’hanno mai abbandonato. «Il nostro sogno? – racconta – andare insieme a San Siro, per vedere l’Inter».



E ancora: «Gli audio registrati in casa durante le sfuriate di mio marito dimostrano quello che abbiamo vissuto. Bisogna sentirli, altrimenti non ci si può rendere conto della cattiveria e della violenza che subivamo. Da madre non mi perdonerò mai per la situazione in cui ho messo mio figlio». Loris, l’altro figlio di Maria Cutaia, aggiunge: «Dal nostro punto di vista mio fratello deve essere assolto. Abbiamo sempre avuto fiducia nella giustizia e continuiamo ad averla». Da una settimana Alex Pompa è libero dopo aver passato un anno e mezzo agli arresti domiciliari, ma il processo incombe. «Lavoro – racconta il ragazzo – sono stato assunto in un albergo, lo stesso in cui ho svolto il progetto scuola-lavoro quando frequentavo le superiori. Mi piace stare alla reception e ringrazio per l’opportunità».



MARIA CUTAIA, APPELLO PER IL FIGLIO ALEX POMPA: LA “REPLICA” DEL PM

Il pm, intervenuto sempre presso il Corriere della Sera, ha chiesto una condanna di 14 anni per il ragazzo, «Sono costretto a chiedere 14 anni», in quanto Alex Pompa avrebbe agito «consapevolmente», perché non vi era alcuna «situazione di pericolo», avendo quindi avuto una reazione «spropositata a una minaccia insussistente». Il magistrato ha spiegato di poter applicare solo un’attenuante, quella della seminfermità mentale che la sera del delitto avrebbe spinto il ragazzo a «sopravvalutare il pericolo».

Il codice penale vieta in questi casi la concessione delle attenuanti generiche «nonostante abbia chiamato lui i carabinieri e confessato subito, perché non possono essere prevalenti rispetto all’aggravante di aver ucciso un congiunto». Resta il fatto che Alex abbia subito una «provocazione». In ogni caso Alex ha agito perchè ha visto la sua famiglia per l’ennesima volta minacciata dal padre, e il pm ha invitato la Corte d’Assise a sollevare una questione di legittimità costituzionale sulla norma che appunto impedisce di concedere le attenuanti.