Il caso di Maria Elia: morta in ospedale con l’influenza suina

Durante la puntata odierna di Storie Italiane, in onda su Rai 1, è intervenuto in trasmissione Gennaro, il padre di Maria Elia morta a 17 anni in ospedale, in seguito ad un’infezione di influenza suina. La Procura aveva aperto un fascicolo d’inchiesta per capire le cause e gli eventuali concorsi nella morte della ragazza, ma in questi giorni hanno anche fatto sapere di aver richiesto l’archiviazione del fascicolo perché, secondo le indagini dei periti e dei consulenti, non ci sarebbero responsabilità da parte dei sanitari. Durante la trasmissione, ai microfoni di Eleonora Daniele, Gennaro ha voluto raccontare la sua verità sulla morte di Maria Elia.



“È una storia veramente assurda”, ha detto Gennaro, “come ho sempre detto avevo una figlia sana, senza alcuna malattia regressa. L’ho portata in ospedale di venerdì alle 20:40 e l’ho riportata domenica pomeriggio chiusa in una bara”. Ha poi preso la parola l’avvocato della famiglia Elia, Antonio Cozza che ha sottolineato come alla richiesta di archiviazione, sia seguita subito la loro opposizione, “in base ad un elemento importante che non è stato preso in considerazione dai consulenti della procura”. Secondo l’avvocato, infatti, Maria Elia “poteva essere salvata se si fosse attivata la procedura ECMO (ossigenazione extracorporea a membrana, ndr) e questo aspetto non è stato preso in considerazione”



Maria Elia: “Si poteva salvare con un intervento tempestivo”

Insomma, seppur la Procura sembri aver chiarito l’assenza di responsabilità da parte dei sanitari, né Gennaro (padre di Maria Elia), né l’avvocato della famiglia credono che le cose siano andate veramente così. “Non accusiamo nessuno, ma vogliamo la verità“, ripetono entrambi più volte durante l’intervista a Storie Italiane, perché “Maria arriva, in un paio d’ore si aggrava e nell’immediatezza si poteva intervenire”, mentre “l’ECMO è stato chiesta a distanza di 12 ore”, sottolinea l’avvocato Cozza. “La procedura è stata istituzionalizzata proprio per la suina”, spiega l’avvocato, “e Perugia, da quanto ci risulta, ha l’ECMO ma non l’ha attivata. Non è qualcosa di doloso, ma la terapia non è stata proprio presa in considerazione” nell’archiviazione del caso.



Gennaro, parte di Maria Elia, ha poi preso di nuovo la parola, sottolineando che “ho vissuto questa tragedia che non auguro a nessuno di vivere. Io non sono un medico, non faccio l’avvocato, sono un semplice cittadino, e la cosa che mi ha rammaricato è stata una: durante la breve e fulminea degenza di Maria mi hanno parlato di trasferirla a Firenze la mattina successiva al ricovero (..) mi parlarono di Firenze, ma la macchina era a Perugia“. Mentre l’avvocato Cozza, dopo questo racconto, ha fornito una spiegazione più approfondita delle tempistiche: “la cartella dice che alle 16 (del giorno successivo al ricovero, quindi di sabato) è stato chiamato l’ospedale di Firenze, ma il quel momento Maria si è aggravata”.

“Dopo 6 ore (alle 22)”, continua l’avvocato di Gennaro, parte di Maria Elia, “richiamano e l’ospedale di Firenze dice che non la potevano più trasportare per via delle condizioni. Bisognava attivare la procedura all’1:30, invece è stata attivata alle 16, a distanza di 12 ore“. Ed è questa la ragione per cui si sono opposti all’archiviazione del caso, “al dolore si è aggiunta la rabbia, non è giusto, è disumano e non è giusto dover fare tutto questo per sapere cos’è successo a Maria, nessuno me la ridarà, ma almeno che non succeda ad altre persone”, conclude Gennaro.