“Non mi sono mai fermata per un debito di riconoscenza nei confronti di Giovanni. E poi soprattutto perché temevo che quel patrimonio di conoscenze di lotta alla mafia si potesse disperdere. C’era un pericolo forte, perché il nostro non è un Paese che ha memoria dei fatti importanti”: così Maria Falcone ai microfoni di Oggi è un altro giorno a pochi giorni dal trentennale della morte del celebre magistrato Giovanni.
“Io ho pensato di portare avanti quella che era un’idea fondante del suo pensiero, cioè che la mafia non si vince solo con un approccio repressivo, ma serve una società nuova e diversa, formata da giovani che rigettino gli atteggiamenti mafiosi”, ha spiegato Maria Falcone ai microfoni di Serena Bortone: “Con l’animo con cui mi sveglio ogni 23 maggio, il giorno in cui Giovanni ritorna a Palermo, entra quasi fisicamente nella città ed è presente, come è stato presente nei cortei degli anni passati. E’ il giorno in cui Giovanni si riappropria della sua città”. (Aggiornamento di MB)
Maria Falcone, la sorella di Giovanni Falcone e la sua nuova vita dopo la strage di Capaci
Con la morte di Giovanni Falcone, rimasto vittima di Cosa Nostra nella strage di Capaci, la sorella maggiore Maria Falcone assunse il testimone diventando a tutti gli effetti attivista antimafia. La donna dal 1992 porta avanti importanti progetti di educazione alla legalità al fine di sensibilizzare sul tema l’opinione pubblica. Seconda di tre fratelli, dopo la morte del più piccolo, Giovanni, decise di dedicarsi anima e corpo alla Fondazione Giovanni Falcone da lei presieduta e che si occupa anche delle celebrazioni annuali in occasione dell’anniversario della strage di Capaci.
La vita di Maria Falcone è inevitabilmente cambiata da quel 23 maggio 1992. Fu un’amica, trent’anni fa, a chiamarla al telefono per capire se avesse già saputo. Seguirono lo sguardo completamente stravolto del marito dopo aver appreso la notizia, quindi le immagini dei tg che ininterrottamente raccontavano dell’uccisione del fratello Giovanni Falcone. Lei, professoressa di diritto, madre di quattro figli, per una tragica casualità si ritrovò protagonista di una nuova esistenza nei panni di ambasciatrice di legalità.
Il monito di Maria Falcone: mai distrarsi
A spingere Maria Falcone a raccogliere l’eredità del fratello Giovanni perpetuandone negli anni la sua memoria fu il biglietto scritto da un palermitano di Ballarò, quartiere popolare di Palermo. Lo riporta LiveSicilia che raccoglie anche le parole della donna: “C’era scritto che la mafia aveva pensato di uccidere Giovanni, ma che invece aveva solo svegliato le coscienze”. Quelle parole, raccontò la donna, furono per lei uno stimolo “a non chiudermi nel mio dolore e reagire”. Per tale ragione pochi giorni dopo l’incredibile lutto decise di mettersi al lavoro per la creazione di una fondazione “che avesse come scopo custodire la memoria del lavoro di mio fratello”. Da quel momento Maria Falcone non si è mai fermata continuando a girare l’Italia iniziando dalle scuole prima in Sicilia e poi nel resto d’Italia ed arrivando nelle carceri. “Sapevamo che la scuola era l’ambito più importante su cui lavorare per sconfiggere la mafia”, ha spiegato.
Parlando della mafia, oggi Maria Falcone è consapevole che non sia ancora stata del tutto sconfitta ma tanto sarebbe già stato fatto: “culturalmente, giudiziariamente con gli arresti e le condanne di tantissimi mafiosi, legislativamente con le norme antimafia che ci rendono un modello nel mondo”. Tuttavia, ha chiosato la donna, è bene non distrarsi mai “é la mafia ha la capacità di riprendersi quel che le abbiamo tolto. Ma sono convinta che non abbia vinto e che il lavoro di Giovanni non sia stato vano”.