Le ultime ore di Silvio Berlusconi nel racconto della figlia Marina. La cronaca di quei momenti, a firma della primogenita dell’ex leader di Forza Italia, è la prefazione del libro scritto da Paolo Del Debbio, “In nome della libertà“, in libreria per Piemme dal 9 aprile. Era il 10 giugno 2023 quando l’ex premier, in una stanza dell’ospedale San Raffaele dove era ricoverato, immagina un colloquio su Forza Italia, la sua creatura politica che ha segnato la vita dell’Italia. In poche parole sintetizza il suo impegno, non solo politico, due giorni prima della sua morte. Al suo fianco in quelle ore drammatiche c’era la figlia Marina, che ha conservato con cura l’ultimo scritto del padre, un testamento politico, un lascito con tesi a cui peraltro ha lavorato lo stesso Del Debbio insieme ad altri intellettuali ricordati nel libro. Infatti, coordinò la stesura di quelle tesi che nel 1994 fecero da «nocciolo culturale (e filosofico)» di Forza Italia. «Era al suo secondo ricovero, doveva essere una breve permanenza, il tempo di fare alcune terapie, nuovi esami e poi a casa. Sapevo, sapevamo che la sua salute era molto compromessa, non immaginavo, nessuno immaginava, che la fine fosse così vicina», scrive Marina Berlusconi, come anticipato dal Corriere della Sera.



In poche ore cambiò tutto: la sera prima era tornata a sperare che suo padre potesse avere ancora un po’ di tempo, il giorno dopo trovò un altro uomo. «Abbandonato su una poltrona, molto affaticato, cupo, sofferente. Per me fu un colpo tremendo, anche se mi imposi, come facevo da tempo, di mantenere il sorriso. Si fece accompagnare dalla poltrona al tavolo». Silvio Berlusconi le chiese carta e penna per scrivere ciò su cui aveva riflettuto durante la notte. A lei non restava che guardarlo lavorare, come accaduto tante altre volte. Quella volta, però, c’era qualcosa di diverso, in primis la consapevolezza di Silvio Berlusconi riguardo la prossimità della sua fine. «A un certo punto si fermò, alzò lo sguardo, lo fissò nei miei occhi e disse qualcosa che mi porterò dentro fino al mio ultimo istante: “Vedi, Marina, la vita è così: vieni, fai fai fai… e poi te ne vai”. Non so come riuscii a non scoppiare a piangere, in quei giorni avevo promesso a me stessa che mai l’avrei fatto davanti a lui, ma qualche lacrima, mentre mi sforzavo di fingermi stupita e di trovare qualche parola per rassicurarlo, scese ugualmente».



MARINA BERLUSCONI: “RESTAI IMPIETRITA, FINSI DI NON CAPIRE…”

Quanto accaduto quel pomeriggio di sabato 10 giugno è un ricordo indimenticabile per Marina Berlusconi, sopraffatta dall’emozione per le parole del padre. «Mi guardò con un sorriso dolcissimo, mi prese la mano e la accarezzò lentamente. Poi riprese a scrivere, mentre io cercavo di resistere alla commozione e pensavo che ancora una volta, anche nel momento in cui, ormai lo capivo sempre più chiaramente, si apprestava a congedarsi dal mondo, era lui a consolare me». Nelle parole della primogenita di Silvio Berlusconi per la prefazione del libro di Del Debbio c’è anche uno spaccato personale, in cui racconta l’importanza della presenza del padre «in tutti i momenti più difficili della sua vita — e purtroppo in questi anni ce n’erano stati tanti — quando, di fronte al mio turbamento e al mio dolore, era stato proprio lui a infondermi forza».



Inoltre, ammette che le cascò il mondo addosso quando lesse la prima pagina scritta dal padre: «Perché mi resi conto che quello che stava scrivendo era il suo lascito ideale, il suo testamento, la sintesi delle convinzioni e dei valori che lo avevano sempre accompagnato. Sapevo che la fine era vicina, ma rendermi conto parola dopo parola che ne era pienamente consapevole anche lui mi costrinse ad alzarmi e ad allontanarmi per qualche secondo, per riuscire a controllare la tempesta devastante dei miei sentimenti». Ma Silvio Berlusconi non si fermò, anzi completò il suo testamento politico e chiese alla figlia di riaccompagnarlo a letto. «Io restai lì impietrita, facendo finta di non aver compreso quello che entrambi avevamo compreso benissimo. Quel che avvenne nelle ore successive è inutile ricordarlo». Quelle pagine, scrive Marina Berlusconi nella prefazione anticipata dal Corriere, sono stampate nella sua memoria. Pur essendo un ricordo privato, ritiene che non debba restare tale. «Lui, ne sono certa, avrebbe voluto così».

“SILVIO BERLUSCONI DILANIATO DAL MALE CHE SE LO STAVA PORTANDO VIA”

Marina Berlusconi definisce il testamento politico del padre Silvio «un documento tragicamente umano ma, ritengo, di grandezza assoluta». La primogenita evidenzia la volontà del padre di non «nascondere con falsi pudori le sue fragilità e le sue sofferenze» che fanno parte della vita degli esseri umani. In quel documento, dunque, convivono la fragilità dell’ex leader di Forza Italia e al contempo la sua grandezza. «Perché solo un uomo grande come lui, a poche ore dalla morte, dilaniato dal male che se lo stava portando via, poteva ritrovare il coraggio, la forza, la determinazione per ribadire ancora una volta, sapendo che sarebbe stata l’ultima, l’attaccamento a tutto quello per cui si è sempre battuto, per comporre il suo ultimo inno all’amore, amore per la famiglia, amore per gli altri, amore irriducibile per la libertà e la democrazia, per la pace e la giustizia, amore sconfinato per la creatura che ha fondato su questi valori, quella Forza Italia cui ha dedicato trent’anni della propria vita», scrive Marina Berlusconi. E conclude con la risposta che avrebbe dovuto dargli quel pomeriggio nella camera del San Raffaele: «Papà, tu come tutti gli uomini potrai anche andare, ma non se ne andrà mai quello che hai fatto, non se ne andranno mai gli ideali per i quali ti sei battuto. Resteranno qui con noi, a guidare il nostro cammino e il cammino di chi verrà dopo di noi, perché è di questi ideali che si nutrono gli uomini e le donne di buona volontà».