Si è riaccesa la discussione (o meglio, la polemica) attorno alla proposta di legge avanzata dalle opposizioni per arrivare ad una riduzione dell’orario lavorativo a parità di stipendio – la famosa ‘settimana corta‘ – con il parere durissimo della ministra del Lavoro Marina Calderone arrivata dopo la chiusura delle trattative di ieri nella commissione Lavoro da parte del presidente meloniano Walter Rizzetto: il rischio era che la proposta venisse nuovamente paralizzata e soppressa, ma – oltre alle polemiche per la parole della ministra – in realtà il testo è stato spedito all’Aula per venir discusso il prossimo lunedì.



Tornando un attimo indietro prima di arrivare alle parole di Marina Calderone, vale giusto la pena ricordare che ieri in commissione Lavoro si sarebbero dovuti votare i vari emendamenti al testo sulla settimana corta, tra cui uno avanzato da FdI che mirava a sopprimere la legge: il presidente Rizzetto ha proposto di chiudere i lavori ignorando gli emendamenti e rinviando il testo ad una più approfondita discussione in Aula – che si terrà, appunto, lunedì -, ma senza dare mandato ad alcun relatore.



Marina Calderone: “La proposta delle opposizioni sulla settimana corta è solamente propaganda”

Dopo la chiusura dei lavori in Commissione – infine – è arrivata la nota di Marina Calderone con la quale ha definito la proposta “riguardo alla riduzione dell’orario di lavoro” una semplice e pura “propaganda politica” che ignora completamente “la realtà delle nostre aziende e comprimere il ruolo (..) della contrattazione” tra aziende e parti sociali che prevede già diversi espedienti per “ridurre l’orario o garantire [la] disconnessione”; per poi puntare il dito contro le opposizioni che “dal 2011 al 2022” non hanno – quando “ne avevano la possibilità” – mosso alcuna proposta sulla settimana corta.



Complessivamente – continua la nota della ministra Marina Calderone – il rischio nel cercare di garantire “una maggiore qualità del lavoro (..) per legge” è quello di “non considerare gli interessi reali dei lavoratori e le peculiarità” del tessuto imprenditoriale italiano, suggerendo – piuttosto – di percorrere la strada della “responsabilità collettiva” in grado di tutelare “le parti sociali, la contrattazione e le esigenze di lavoratori ed imprese”.

Parole immediatamente criticate delle opposizioni – tra il “molto grave” citato dal Dem Scotto, il “gravissimo” della 5 Stelle Barzotti e “l’incomprensibile” dell’Avs Fratoianni -, tanto che in supporto della ministra è corso Walter Rizzetto che ha messo in chiaro che la note non aveva nessun intento negativo se non quello di “delegare alla contrattazione collettiva lo sviluppo del protocollo” che verrà definito a tempo debito dopo la chiusura “della Legge di Bilancio”.