Contraria, contrarissima al Ddl Zan che vede come un rischio enorme per la libertà di pensiero e di educazione: si chiama Marina Terragni ed è tutto fuorché una “sostenitrice” normalmente delle battaglie del Vaticano. Eppure per la giornalista tra le principali capostipiti del femminismo oggi in Italia, il disegno di legge sull’omobilesbotransfobia è un pericolo enorme, come già dimostrerebbero leggi simili in altre parti del mondo (per tutte le info, collegarsi a questo link di Feministpost.it): intervistata da “La Verità” Terragni prosegue la sua battaglia cominciata diversi mesi fa per far destare la “sua” sinistra dal rischio latente presente in alcuni passaggio del ddl Zan.
Il timore è quello che il disegno di legge prodotto dal Pd possa essere una sorta di “apripista”, di punto di origine per una cascata di provvedimenti in mano all’influenza LGBTQ: dall’utero in affitto, ai “baby trans”, fino alla propaganda fatta ai più piccoli con cartoni e materiale “gender-friendly”. «La propaganda è pesantissima, soprattutto in Canada e negli Usa. E in Gran Bretagna ci hanno dato un taglio: evidentemente, hanno messo in correlazione questo lavoro di propaganda con l’aumento vertiginoso delle transizioni infantili», spiega ancora la giornalista a “La Verità”.
IL VERO OBIETTIVO DEL DDL ZAN: PARLA LA FEMMINISTA TERRAGNI
La tesi di Marina Terragni è che vi sia ben oltre che l’intento anche nobile di evitare discriminazioni verso ogni genere e ogni individuo: «favorire i baby trans nel futuro? C’è un mercato. E non è un concetto banale. Tra i più grandi sostenitori di Barack Obama c’è stata la famiglia Pritzker: Big pharma». Al di là del possibile profitto per i farmaci anti-pubertà, il rischio futuro è ben più ampio e affonda le radici in quelle previsioni mai prese troppo sul serio in passato ma che rappresentano al meglio la contemporaneità di oggi: si tratta del libro di Ivan Illich “Gender”, scritto nel 1984 (l’anno del capolavoro di Orwell, sarà un segno del destino?, ndr) dove, spiega Terragni, «L’obiettivo è creare individui sciolti da ogni relazione, perfino quella con il loro corpo. Perché questi sono i precari assoluti: non hanno più nemmeno la certezza del corpo. Sono perfettamente funzionali a produzione, consumo… Quello che mi serve, sei». Per cui, disforia di genere, più bimbi “LGBTQ-friendly” e più precari: «Zan è l’apripista, con l’imposizione del concetto di identità di genere. È questo che a loro interessa di quella legge, insieme alle scuole. Tutto il resto è contorno».