Mario Draghi ha ricevuto dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l’incarico di formare un governo istituzionale e, mentre va in scena quello che dovrebbe essere solo il primo giro di consultazioni con tutti i partiti politici e che dovrebbe chiudere la crisi di Governo, i riflettori sono tutti puntati sull’ex presidente della BCE: cosa pensa il 73enne economista e accademico capitolino sui temi caldi che entreranno necessariamente in un eventuale programma di Governo, e per giunta in piena pandemia, tra cui l’eventuale attivazione del MES, la gestione dei fondi del Recovery Fund, ovvero il Next Generation EU? E quali potrebbero essere i cardini della sua azione per sistemare il debito pubblico e allo stesso tempo contenere l’emergenza Coronavirus dal punto di vista sanitario? Vediamo di seguito, partendo dalle dichiarazioni fatte negli anni dallo stesso Draghi, quali sono le sue posizioni in merito.



Una delle questioni su cui è caduto qualche giorno fa il Governo Conte bis, e che rappresenta anche uno dei motivi di per cui il Capo dello Stato ha deciso di tentare questa strada istituzionale d’emergenza con un profilo di alto livello, è ovviamente quella del Recovery Fund: a tal proposito Draghi, proprio lo sorso dicembre, aveva legato questo tema a quello della sostenibilità del debito pubblico affermando che sarà decisivo il modo in cui verranno spese le risorse stanziate da Next Generation EU. “Se queste venissero sprecate, il debito alla fine diverrà insostenibile perché i vari progetti finanziati non riusciranno a produrre crescita”. Da qui la sua idea, peraltro condivida da molti, che l’impatto del piano sarà maggiore in misura proporzionale al debito iniziale: “I Paesi con debito elevato facciano una valutazione attenta del tasso di rendimento dei progetti finanziati” aveva ammonito Draghi, ricordando come questa crisi inedita dovuta al Covid-19 complichi maledettamente le cose.



MARIO DRAGHI, COSA PENSA SU MES, EURO, RECOVERY FUND E…

A proposito proprio dell’emergenza Coronavirus nel Vecchio Continente, nelle ultime ore sta facendo molto discutere un lungo articolo pubblicato da Draghi sul Financial Times circa un anno fa: era il marzo 2020 e l’ex numero uno della BCE spiegava come la pandemia sia una vera e propria guerra, di fronte alla quale serve muoversi di conseguenza. La sua ricetta? “La risposta deve coinvolgere un significativo aumento del debito pubblico: la perdita di reddito del settore privato dovrà essere assorbita, in tutto o in parte, dai bilanci dei Governi”, scriveva suggerendo in reddito di base per chi perde il lavoro, pena il riemergere dalla crisi con livelli occupazionali permanentemente più bassi. Per quanto riguarda la questione sul MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), altro argomento divisivo capace di spaccare anche trasversalmente le stesse coalizioni, la sua posizione è più sfumata.



Nel suddetto articolo Mario Draghi non cita mai il MES (attirandosi le critiche di alcuni colleghi dato che per molti sarebbe uno degli strumenti finanziari da attivare, almeno sul fronte sanitario, per fronteggiare l’emergenza Coronavirus): l’opinione diffusa è che, come durante il suo periodo al vertice della BCE, Draghi abbia sempre cercato di ridurre gli effetti di questo strumento tanto da andare contro le posizioni dei “falchi” che, portando avanti la causa del MES, avevano osteggiato invece il piano del quantitative easing che nelle sue dinamiche è l’antitesi del Meccanismo di Stabilità. E in occasione alla partecipazione ad agosto al Meeting di Rimini, Draghi era tornato non solo su MES e Recovery Fund, ma anche sulla pandemia che “diffonde incertezza, penalizza l’occupazione, paralizza i consumi e gli investimenti”.

LE SUE IDEE SU GIOVANI, SCUOLA, RISANAMENTO DEL DEBITO E IL TEMA DEI SUSSIDI

Rimanendo sempre sull’attualità e sulle sfide che il probabile Governo Draghi che si appresta a nascere dovrà affrontare, non si possono non citare le parole dell’accademico capitolino in merito a ciò che comporterà quella svolta epocale che è il lancio del Recovery Fund, ovvero la previsione della nascita di un Ministero del Tesoro europeo “che conferisca stabilità all’area euro” (e che, en passant, potrebbe rafforzare l’Europa stessa rendendo più flebile il fronte ‘anti’), come peraltro detto nel già citato intervento al Meeting CL. C’è poi da annoverare la sua posizione in merito al cosiddetto debito buono e debito cattivo, con molti a vedere in riferimento a quest’ultimo la politica dei sussidi: le cose non stanno esattamente così dato che, se sussidi a pioggia non sono visti di buon occhio, come ha spiegato Tito Boeri una logica del sussidio per aiutare le fasce della popolazione più deboli e colpite dalla crisi non è certo lontana dalla sensibilità di Draghi che ha spiegato anche che “i sussidi servono a sopravvivere a ripartire”. Ovviamente non devono diventare l’unica logica per rilanciare l’occupazione giovanile.

A questi ultimi Draghi ha affermato che bisogna dare molto di più: “I sussidi finiranno e resterà la mancanza di una qualificazione professionale che potrà sacrificare la loro libertà di scelta e il loro reddito futuri”: e saranno proprio le nuove generazioni a dover sostenere e ripagare quel crescente debito pubblico che negli ultimi anni è letteralmente esploso. Un debito che la pandemia ha reso inedito: “Una forma di egoismo collettivo ha indotto i governi a distrarre capacità umane e altre risorse in favore di obiettivi con più certo e immediato ritorno politico: ciò non è più accettabile oggi. Privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza” ha detto Draghi, indicando anche le due stelle polari di quella che potrebbe essere la sua azione di governo, ovvero stimolare la crescita e investire sulla scuola. “La situazione presente rende imperativo un massiccio investimento di intelligenza e di risorse finanziarie in questo settore” ha detto a proposito dell’istruzione mentre sul primo punto sostiene che la crescita debba rispettare l’ambiente e non umiliare la persona: dunque politiche più sostenibili perché “la società non può accettare un mondo senza speranza; ma deve, raccolte le proprie energie, e ritrovato un comune sentire, cercare la strada della ricostruzione”.