Dal recente insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, fino al sistema produttivo europeo, passando per il ruolo attuale dell’Unione e – soprattutto – per quello futuro, quelli di ieri di Mario Draghi sono stati due discorsi importanti e pregni di contenenti, pronunciati prima davanti alla platea del World Business Forum di Milano e poi davanti a quella dell’Executive Lunch di Porsche Consulting; il tutto con il costante (ma mai direttamente richiamato) leitmotiv che si collega al recente report sulla competitività europea dello stesso Mario Draghi e con segnali che alcuni commentatori hanno ricollegato da un ipotesi di Commissione Draghi per l’UE nel caso in cui – come effettivamente trapela dagli ambienti di Bruxelles – la maggioranza von der Leyen non dovesse tenere.
Ma senza lanciarci in ipotetici futuri al contempo smentiti categoricamente dallo staff di Mario Draghi, vale le pena recuperare quanto emerso nei due incontri milanesi partendo dal Forum economico che si è svolto – come sempre – a porte chiuse: nell’ora e mezza di panel tenuto dall’ex BCE – emerge da diversi quotidiani – si è a lungo parlato di Cina, Medio Oriente ed Ucraina, con rimandi anche alla sempre più imminente transizione green dell’Europa che il banchiere lega a filo doppio al discorso (anche questo sempre più importante) sull’indipendenza energetica europea.
Dal conto suo Mario Draghi ha ricordato che allo stato attuale sarebbe importante abbandonare quella “strada della tecnocrazia” che ha seguito l’UE fin dalla sua fondazione – e che non nega essere “servita” allo scopo – per arrivare ad una vera e propria “democrazia” che sappia tenere il passo con i giganti che la circondano; puntando soprattutto sugli investimenti produttivi per superare il paradigma della “frammentazione” e imparando a “spendere bene” i fondi concentrandoli sulle produzioni interne invece che sull’import.
Mario Draghi: “L’UE deve imparare a camminare sulle sue gambe”
Più articolato – almeno stando a quanto trapela -, invece, il discorso di Mario Draghi all’Executive Lunch che l’ha accolto poco dopo, partendo in questo caso dalla vittoria elettorale di Donald Trump che secondo lui porterà prestissimo a nuovi “dazi” sulle importazioni americane che colpiranno sia la Cina che l’Europa che se nel primo caso saranno “alti e non negoziabili”, nel caso europeo potranno essere quanto meno discussi: per farlo il banchiere suggerisce di far leva sulla “garanzia di spesa pubblica sulla difesa che Trump chiede”, ma l’unico modo per farlo sarà “con una sola voce” sovranazionale.
Al contempo – tutelando i rapporti con gli USA e Trump – l’UE secondo Mario Draghi dovrebbe anche iniziare a concentrarsi sulle sue produzioni interne, citando l’esempio dei pannelli europei (mercato sul quale ora domina la Cina) per ribadire a gran voce che “i sussidi vanno dati alla produzione” prima ancora che all’acquirente, incentrando gli investimenti sovranazionali “sui settori” più che sulle singole filiere produttive o – peggio ancora – sulle “aziende-campioni” che hanno caratterizzato il passato europeo. “L’Europa – ha sintetizzato e concluso Mario Draghi – deve imparare a camminare sulle sue gambe” dando il via ad un vero e proprio piano di “investimenti importanti in istruzione, innovazione e ricerca” a benefico – secondo il banchiere – “della crescita economica complessiva“.