“Confondere Maradona e Dio resta una bestemmia”: nei giorni dedicati al ricordo e all’elaborazione del lutto per la morte di quello che è stato, a detta di quasi tutti, il calciatore più forte di ogni tempo, si registra anche l’opinione controcorrente di Mario Giordano che sulle colonne de “la Verità” traccia un ritratto alternativo del ‘Diez’ argentino scomparso avant’ieri, spiegando polemicamente perché a suo modo di vedere la vita privata di Diego non consenta alla retorica di parlarne alla stregua di una divinità. Nel suo pezzo, infatti, il 54enne giornalista e conduttore tv piemontese si chiede nell’incipit “Dio? Proprio Dio? Davvero? Non Dio del pallone (che è già tanto). Non Dio del calcio. Non Dio degli stadi. No, proprio Dio. L’Eterno. L’Onnipotente. Il Creatore”, contestando l’attribuzione tout court dello status di divinità per smontare quella che a suo dire è la narrazione distorta che viene fatta in queste ore da molti media e organi di stampa. Criticando le parole di Roberto Saviano, Emmanuel Macron e un titolo del Corriere del Mezzogiorno (“D10s è morto”), Giordano sostiene che non trova tutto ciò normale e invita a non invocare il nome di Dio invano.
MARIO GIORDANO, “MARADONA COME UN DIO? TSUNAMI DI RETORICA PERCHE’…”
“Per altro oserei sperare che il Dio in cui credo sia leggermente diverso da Maradona” prosegue il giornalista ricordando i problemi dell’ex Pibe de Oro con la cocaina, l’alcool, la riabilitazione e la vita sregolata del campione del Napoli. “Confondere lui e il Padreterno è e resta una bestemmia” prosegue, pur ammettendo che Maradona è stato il più forte di tutti e ha regalato sogni a un intero popolo. “Eppure tutto vale nello tsunami della retorica che ci ha travolti” attacca prendendo di mira più che l’ex calciatore i mezzi di informazione: “Abbiamo scoperto che Maradona, oltre naturalmente a essere Dio, era anche alternativamente Picasso, Caravaggio, Picasso e Caravaggio insieme, Mozart, Beethoven, Che Guevara, Jorge Luis Borges, Simon Bolivar, Evita Peron, napoleonico e kennediano (insieme), Mohammed Alì, il Neo di Matrix, l’elettricista di Eraldo Pecci e un taumaturgo” continua.
Nel corso dell’articolo poi Mario Giordano confuta poi anche le parole del compagno di squadra dell’epoca, Ciro Ferrara, che spiegava come Diego Armando non abbia mai avuto intemperanze in campo. E dopo aver snocciolato alcuni episodi poco edificanti nella carriera sportiva del campione argentino, Giordano contesta l’idea che con la sua morte sia finito il calcio: “L’unico sport che rimane è il salto triplo dell’iperbole, il tuffo sincronizzato della retorica” prosegue, ricordando in tono sarcastico alcuni dei “miracoli” citati in quelle che definisce “agiografie” del numero dieci. E poi conclude contestandone lo status di fuoriclasse come uomo: “È stato un fuoriclasse ma non sul campo: in effetti, come non averci pensato prima? In fondo tutti noi sogniamo che i nostri figli prendano a modello un fuoriclasse così…”.