Mario Maccione, tra i condannati delle Bestie di Satana per gli orrori che seminarono il terrore nel Varesotto tra la fine degli anni ’90 e i primi 2000, oggi ha 43 anni e vive in Sardegna, per lui una nuova esistenza dopo il carcere di cui racconta alcuni risvolti in una intervista rilasciata al settimanale Giallo. Le sue parole arrivano a distanza di tanti anni dai crimini attribuiti al gruppo di giovani poi finiti a processo per atroci omicidi e istigazioni al suicidio che avrebbero avuto come vittime ragazzi e ragazze poco più che maggiorenni.



Secondo Maccione, che si dice “realmente pentito”, le Bestie di Satana non erano una vera e propria setta dedita al culto del diavolo e a riti oscuri nel segno della violenza e del sangue, ma una “gang” di giovani che avrebbero trovato nell’idea di branco un punto di forza, comune denominatore “l’odio per il mondo”, e al tempo stesso un punto di debolezza tale da arrivare a meditare di “farsi fuori a vicenda” come in un film dell’orrore, di quelli in cui anche i cattivi avrebbero dovuto autoimporsi una terribile fine firmando la propria condanna a morte. Mario Maccione ha trascorso 16 anni in cella dopo essere stato condannato a 19 anni e mezzo di reclusione, uscito grazie ad uno sconto di pena. Non è il solo ad avere chiuso i conti con la giustizia: come lui Elisabetta Ballarin ed Eros Monterosso, ad esempio, si sono lasciati alle spalle la detenzione e avrebbero trovato un impiego rispettivamente nella ristorazione e nel Tribunale di Pavia. Anche Andrea Volpe, leader della setta, è libero.

Bestie di Satana, la nuova vita di Mario Maccione e le rivelazioni sulla setta

Mario Maccione oggi conduce una vita lontana dalle cronache e dai riflettori, si trova in Sardegna e dalla sua residenza, dove si sarebbe trasferito dopo aver scontato la condanna per i delitti delle Bestie di Satana, ha parlato ai microfoni del settimanale Giallo per raccontare la sua storia tra passato, presente e futuro. 43 anni, alle spalle 16 anni di carcere, si dice realmente “pentito” e cambiato. Tra il 1998 e il 2004, le azioni delle Bestie di Satana insanguinarono i boschi del Varesotto e al gruppo sarebbe stata addebitata la morte di 3 giovani: il 16enne Fabio Tollis, la fidanzata 19enne, Chiara Marino, e la 27enne Mariangela Pezzotta, ex dell’uomo riconosciuto quale leader della banda, Andrea Volpe. Alle Bestie di Satana sarebbe stata inoltre attribuita l’induzione al suicidio di uno dei membri della setta, il giovane Andrea Bontade. Dei giovani finiti nel vortice del caso Bestie di Satana, due incassarono l’ergastolo: Nicola Sapone e Paolo Leoni detto “Ozzy”.

Mario Maccione, considerato il “medium” della setta, aveva 17 anni quando si consumarono i delitti di Fabio Tollis e Chiara Marino. “Un duplice sacrificio umano” che sarebbe stato deciso dai vertici delle Bestie di Satana, cioè da Volpe e Sapone. Condannati anche Marco Zampollo e Pietro Guerrieri. Maccione sostiene che le Bestie di Satana non fossero una vera e propria setta, ma una sorta di “gang anticristiana e violenta” legata dalla passione per il macabro e la musica metal. Il satanismo, secondo il suo punto di vista, sarebbe solo una cornice e non l’essenza stessa del gruppo. “Avevamo in comune una forte ideologia anticristiana estrema – ha raccontato Mario Maccione a Giallo –. È questo che ci ha tenuto insieme. Ci chiamavamo come i diavoli, è vero, ma non facevamo messe nere o veri riti satanisti. Solo Leoni (ritenuto leader carismatico del gruppo, ndr) aveva un altarino in casa“.

Gli omicidi di Fabio Tollis e Chiara Marino si consumarono il 17 gennaio 1998 tra i boschi di Somma Lombardo. Le parole di Mario Maccione su quei delitti ricalcano uno dei capitoli più sconvolgenti delle cronache: “Avevo la convinzione di fare solo una prova di coraggio tra di noi. Non credevo di dover commettere seriamente un omicidio. Credevo fosse una prova finale per dimostrare chi si spingeva più oltre. Il mio sbaglio è avvenuto in quel momento, quando in preda a un attacco di panico ho colpito col martello. Non mi reputo innocente, mi sono assunto le mie responsabilità. E ho pagato. Ma tuttora non ho ricordi dell’omicidio. (…) Ricordo il panico, il buio, le torce di Volpe e Sapone che hanno illuminato la buca. A quel punto ho capito che era reale. Ho visto loro armati. Non ho ricordi, se non che sono corso verso il martello e ho agito con violenza (…)“. Mario Maccione, rivela, oggi scrive canzoni e in carcere aveva pubblicato un album. Si dipinge come “una persona semplice”, lavora nel digitale e scrive libri. Uno di questi, che avrebbe iniziato tre anni fa, racconterà la sua storia.