Mario Mori, generale e prefetto italiano che per anni è stato comandante dei ROS e direttore del SISDE, ha raccontato la sua carriera da spia sulle pagine di Repubblica, ripercorrendo i difficili anni delle Brigate Rosse, del terrorismo e delle mafie. Partendo dalla morte di Borsellino, spiega che “il procuratore capo di Palermo, Giammarco, telefonò la domenica mattina al giudice, poche prima dell’attentato, per comunicargli che gli affidava le indagini sulla provincia di Palermo”.



Fatto che insospettì Mario Mori, il quale ancora oggi crede che Giammarco qualcosa centrò nella morte di Borsellino. Tuttavia, “è morto nel 2018” senza che nessuno gli chiedesse “ragione di tante cose”. Secondo l’ex spia, d’altronde, è chiaro il legame tra Tangentopoli e le stragi della mafia, spiegando che “c’era un filo nelle indagini sulla corruzione tra Milano e Palermo. Buscemi, pezzo grosso di una delle famiglie più importanti di Cosa Nostra, aveva comprato la Calcestruzzi dal gruppo Ferruzzi”. Similmente, secondo Mario Mori, è quasi innegabile che “Gardini si suicidò perché temeva l’emersione di legami del suo gruppo con la mafia”.



Mario Mori: “il Pci e Dalla Chiesa ci aiutarono a sgominare le Br”

Passando oltre nella sua intervista, Mario Mori ricorda anche che alla “fine del 1979 fui testimone di un dialogo” tra Pecchioli, ministro dell’Interno del PCI, e il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che chiese di infiltrare un uomo del partito nelle Brigate Rosse. “Accadde e ci aiutò a smantellare mezza colonna romana delle Br“. Sulla morte del generale, invece, sostiene che “fu lasciato troppo solo, ma purtroppo aveva un po’ abbassato la guardia”.

Mario Mori, però, complessivamente sostiene che “l’espressione Servizi deviati non mi piace. Deviate erano alcune persone che agivano per interesse personale”, così come sulla setta massonica P2 spiega che “i vertici, Gelli e Ortolani avevano un disegno politico“, mentre “la maggior parte degli iscritti cercavano solo avanzamenti di carriera e benefici economici”. Nella sua carriera, ricorda ancora l’ex spia Mario Mori, fu motore, involontario, dell’accordo lodo Moro, sottolineando che “in Medio Oriente avevamo uno dei più grandi uomini di intelligence, il colonnello Stefano Giovannone”, il quale “era capace di avere buoni rapporti tanto con l’Olp, quanto col Mossad“.