Nuova maxi operazione della procura distrettuale antimafia di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, contro la ‘ndrangheta. La Calabria si è svegliata ieri con 123 persone indagate, di cui 22 finite in carcere e 12 agli arresti domiciliari. Nel mirino mafiosi, imprenditori e politici, tra i quali spicca il nome di Mario Oliverio, ex governatore della Calabria ed esponente del Partito democratico, già indagato per due volte da Gratteri e scagionato in entrambi i casi. Ora il politico del Pd è accusato di essere tra i promotori di un’associazione per delinquere. Tra gli altri indagati eccellenti c’è pure Giancarlo Devona, ex segretario particolare di Oliverio e ora assessore ai Lavori pubblici del comune di Crotone, Vincenzo Sculco, ex consigliere regionale, Nicola Adamo, ex parlamentare dem. Le accuse sono a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, corruzione e voto di scambio.
Il procuratore ha parlato di una Pubblica amministrazione a Crotone che è completamente asservita alla ‘ndrangheta, «corrotta e pesantemente condizionata nelle scelte, in particolare in tutta l’area di Crotone». Sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti sono finiti gli appalti tra il 2014 e 2020: è emerso un rapporto continuo tra politica e ‘ndrangheta per ottenere pacchetti di voti in cambio di assunzioni. Come riportato da Libero, esponenti di punta del Pd calabrese avrebbero avuto un ruolo di primo piano, a partire dalla “penetrazione” nell’Azienda sanitaria di Crotone.
VOTI DI SCAMBIO, HACKER TEDESCHI…
Le indagini, come riportato da Libero, hanno appurato che il sodalizio aveva fatto rimuovere Sergio Arena, allora direttore generale dell’Azienda sanitaria, in quanto sgradito a Sculco, in cambio del voto in favore di Floria Sculco, figlia dell’ex consigliere, per le elezioni regionali 2020 nella lista di centrosinistra con cui Oliverio intendeva candidarsi, prima che venisse designato dal Nazareno un altro candidato, Pippo Callipo. Infiltrazioni sono state riscontrate anche per gli affidamenti degli appalti per la gestione del Cup e per l’installazione dei distributori automatici di merende e bevande. L’indagine ha coinvolto anche la procura di Catanzaro e quella tedesca di Stoccarda, perché gli inquirenti, oltre a ricostruire i rapporti con la politica, hanno evidenziato gli interessi della ‘ndrangheta, in particolare della cosca crotonese dei Papaniciari, in diversi settori, immobiliare, ristorazione, commercio, vigilanza, security e gaming.
Nelle quasi 400 pagine dell’ordinanza si parla di ramificazioni nelle province di Parma, Milano e Verona, dove erano attivi sodali e imprenditori. Ai domiciliari è finito anche un imprenditore austriaco che tramite la ‘ndrangheta avrebbe ottenuto la creazione di una rete di produzione e commercializzazione di prodotti ortofrutticoli. Inoltre, i pm hanno accertato che la cosca si sarebbe avvalsa del supporto di hacker tedeschi per compiere operazioni bancarie fraudolente, operare su piattaforme di trading clandestine, svuotare conti correnti esteri bloccati o creati ad hoc usando carte di credito estere, alterare il funzionamento del pos.
“VOLEVANO INFLUENZARE ZINGARETTI E BOCCIA”
L’indagine è destinata a scuotere il centrosinistra calabrese. Stando a quanto riportato dal Giornale, dalle pagine del provvedimento emerge che i vertici nazionali del Pd sapevano, ma non hanno controllato a dovere. In particolare, a pagina 103 si cita un emendamento fatto approvare nel Milleproroghe per evitare le elezioni del presidente della Provincia di Crotone, tramite un pressing politico nei confronti di Nicola Zingaretti e Francesco Boccia, all’epoca rispettivamente segretario Pd e ministro per i Rapporti con le Regioni, portato avanti anche dal deputato dem Enza Bruno Bossio e dall’ex senatore Ernesto Magorno, attualmente a Italia Viva. L’allora segretario nazionale del Pd sarebbe stato avvicinato da Sculco durante la visita elettorale del leader a Catanzaro il 4 febbraio 2020. Il 19 febbraio di quell’anno, invece, uno degli indagati, Giuseppe Dell’Aquila, avrebbe scritto a Boccia, caldeggiando il provvedimento.
Quell’escamotage riuscì a far slittare lo spostamento della nomina del Presidente della Provincia e, secondo il gip ha consentito «agli indagati di chiudere ii cerchio del loro accordo». Infatti, «la Sculco veniva eletta consigliere regionale, le elezioni provinciali venivano ulteriormente prorogate» e vennero incastrate una serie di nomine assecondando il presunto piano criminale del sodalizio. Ma non risultano, invece, evidenze sulla «consapevolezza» del rischio di infiltrazioni della ‘ndrangheta nel partito calabrese da parte dei vertici nazionali del Pd e dell’esistenza di un potenziale scambio elettorale politico-mafioso.