I genitori di Mario Paciolla chiedono giustizia. Anna Motta e Giuseppe hanno rinnovato il loro appello per cercare la verità sulla morte del figlio sulle pagine de Il Mattino. “Chiediamo giustizia non solo per nostro figlio, ma per tutti i ragazzi che lottano per i diritti umani nel mondo” hanno spiegato i genitori del cooperante napoletano trovato impiccato nella sua casa di San Vicente del Caguan in Colombia, il 15 luglio del 2020. L’uomo si trovava lì come volontario osservatore dell’Onu per il rispetto degli accordi di pace tra governo ed ex ribelli delle Forze armate rivoluzionarie. Tanti i lati oscuri nella morte di Mario Paciolla, mai chiariti. La famiglia, assistita da Alessandra Ballerini ed Emanuela Motta, chiede giustizia alla vigilia dell’udienza del prossimo 27 marzo. 



I giudici hanno aperto un fascicolo sulla morte del 33enne contro ignoti ma i pm avevano chiesto l’archiviazione perché le indagini non hanno portato le risposte attese: richiesta respinta lo scorso 9 novembre. I genitori, ancora, raccontano: “Aveva disdetto abbonamenti, preparato la vigilia e fatto i biglietti per partire assieme alla fidanzata. Non avrebbe mai pensato al suicidio”. E ancora: “Mesi prima, a Natale, aveva notato che la password del wifi era la stessa dell’appartamento accanto e aveva cancellato dai social ogni riferimento alle questioni di cui si stava occupando. Nello stesso periodo ebbe incontri con la Croce Rossa internazionale e con le Farc. Fino a cinque giorni prima di quel 15 luglio, in cui ci manifestò la sua inquietudine. Non si sentirà più sicuro lì e voleva tornare da noi. Il giorno dopo, verso le 22, siamo stati avvisati con una telefonata della sua morte, avvenuta 12 ore prima”. 



Mario Paciolla, i genitori: “Voleva rivedere Napoli”

Non si conosce cosa sia successo la sera in cui Mario Paciolla scrisse all’Ambasciata per dire che avrebbe lasciato la Colombia. I familiari non hanno mai creduto all’ipotesi del suicidio. “Attraverso le perizie si evince che per la sua bassa statura non avrebbe potuto suicidarsi; secondo gli inquirenti avrebbe prima tentato di tagliarsi le vene e poi si sarebbe impiccato, ma sul suo mouse risultano macchie di sangue e accanto al corpo sono stati trovati due coltelli senza impronte” spiegano i genitori a Il Mattino. E ancora: “L’unica a sapere della sua partenza era la sua organizzazione che, sia chiaro, non abbiamo mai demonizzato, ma ci saremmo aspettati che l’Onu svuotasse le sacche di corruzione di quei Paesi”.



Il sogno di Mario, come spiegano i genitori, era quello di “rivedere Napoli e il suo mare, come ci aveva detto più volte”. I giudici che hanno chiesto l’archiviazione invece hanno scritto che “Mario era depresso, viveva un conflitto amoroso. Piuttosto verrebbe da chiedersi: come mai si è tralasciato il fatto che un funzionario Onu abbia ripulito la scena del crimine con la varechina insieme a quattro poliziotti colombiano?” spiegano ancora Anna e Giuseppe. Nell’appartamento di Paciolla inoltre sparirono le sue agende, la macchina fotografica e il suo computer di lavoro. I genitori ora chiedono giustizia e verità: quel ragazzo pieno di vita, secondo loro, non si sarebbe mai ucciso.