La Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione del caso relativo alla morte di Mario Paciolla, il cooperante di origini napoletane che nel luglio del 2020 è stato trovato impiccato nella propria abitazione a San Vicente del Caguán, in Colombia. Le indagini hanno appurato infatti che il trentatreenne si è suicidato. “Le verifiche svolte in questi anni non hanno portato ad elementi concreti sull’ipotesi dell’omicidio. Quella del gesto volontario è la più accreditata”, hanno detto gli inquirenti.
I punti oscuri nella vicenda, come riportato da Il Mattino, sono però ancora tanti. Le autopsie effettuate, una nel Paese sudamericano e l’altra in Italia, hanno dato esiti contraddittori. La seconda, secondo i medici legali, ha evidenziato segni che “non trovano alcuna spiegazione alternativa nel contesto dell’ipotesi del suicidio, ma supportano prevalentemente l’ipotesi di strangolamento con successiva sospensione del corpo”. In particolare, alcune ferite da arma da taglio sarebbero state presumibilmente “inflitte ‘in limine vitae o anche post-mortem’, cioè quando la vittima era in uno stato agonizzante o già morta”.
Mario Paciolla si è suicidato: chiesta archiviazione, ma la famiglia non ci sta
La famiglia di Mario Paciolla non crede, neanche dopo la richiesta di archiviazione del caso da parte della Procura di Roma, che il trentatreenne possa essersi suicidato. “È sconcertante”, hanno commentato i genitori Giuseppe e Anna Maria, attraverso il loro legale, l’avvocato Alessandra Ballerini, in una nota, come riportato da Il Mattino i familiari, annunciando che si opporranno di fronte al Gip.
“Noi siamo certi, anche per le indagini che abbiamo svolto, che Mario non si è tolto la vita”, hanno aggiunto. La loro speranza adesso è che si continui ad indagare sulle ultime ore del trentatreenne napoletano, che si trovava in Colombia come collaboratore delle Nazioni Unite per un progetto di pacificazione interna tra governo locale ed ex ribelli delle Farc e di riqualificazione di aree utilizzate dal narcotraffico.