Mario Sconcerti ha dato la sua opinione su l’addio di Lionel Messi dal Barcellona per approdare al Paris Saint Germain: “Nella finale di Coppa America – ha scritto sul Corriere della Sera – l’ho visto anche scivolare davanti al portiere, come fosse un po’ di mestiere che scappa via. Era ora che se ne andasse da Barcellona, lo doveva a se stesso. Non aveva più da stupire nessuno, a Parigi potrà ricominciare. Parigi ormai saccheggia il meglio dovunque, come gli eserciti occupanti nei tempi di guerra. Gli sceicchi mettono soldi di paesi che battono moneta, non hanno limiti. Trattano gli altri come Agnelli, Berlusconi e Moratti trattavano gli avversari in Italia ai loro tempi”.



Poi Sconcerti parla della figura del calciatore: “Il giocatore non ha patria, non ha sentimenti, è interessato a sé. Il grande giocatore è sempre solo, vive di politica elementare, grezza, perché non è un vero super eroe, è uno che sa fare una cosa meglio degli altri per un po’ di tempo. È occupato a conservarsi e godersi. Messi è una novella malgrado se stesso, è l’uomo più normale che ci sia, non ha eccessi, vizi o difetti evidenti”.



Mario Sconcerti su Lionel Messi: “Ha dato tanto e preteso troppo…”

A proposito del passaggio di Lionel Messi dal Barcellona al Psg, Mario Sconcerti ha anche aggiunto: “C’è sempre stato qualcosa di troppo grande nella storia di Messi, come una sproporzione tra quello che è un uomo e quello che può reggere. Messi è stato il primo giocatore del duemila, nuovo, geometrico, un dribbling in dieci centimetri, minimi spostamenti, un tiro in sei decimi di secondo. Venivamo dal calcio alato di Maradona e Van Basten, Messi ha portato intelligenza fredda, quasi preveggenza, una leadership silenziosa e invadente. Un bambino riempito di ormoni della crescita, un ragazzo sospettato seriamente di autismo, che non diventa un capo storico ma s’ inventa un popolo”.



“Il Barcellona vero nasce con lui e si allarga nel mondo – continua Sconcerti -, ma è lì che l’errore iniziale, la sproporzione, diventa una prigione. Messi ha dato tanto e preteso troppo. Per tenerlo ancora a 34 anni il Barcellona era disposto a mandar via dieci giocatori, una squadra intera. Non c’è chiesa in mezzo al villaggio in queste condizioni, perché sparisce anche il villaggio. Avere avuto Messi per ventidue anni, averlo inventato, cresciuto, usato, goduto, è già un tutto, compie una storia. Merita uno sfogo di lacrime davanti alle tv ma ricorda che non dobbiamo mai mettere troppo di noi nelle mani di un giocatore”.