E’ morto Mario Sossi, ex magistrato e politico che per oltre un mese, nel 1974, fu tenuto sotto sequestro dalle Brigate Rosse. Sossi aveva 87 anni e si è spento nella giornata di oggi a Genova, come riferisce Repubblica.it. Nato a Imperia il 6 febbraio del 1932, ormai vedovo, lascia due figlie. Il suo ingresso in magistratura avvenne nel 1957 e dal 2006 era ormai in pensione anche se due anni dopo si era candidato per il consiglio comunale di Genova con AN, senza venire eletto, mentre nel 2009 ci riprovò alle europee da indipendente nella lista di Forza Nuova. Sossi fu pm nel processo al Gruppo XXII Ottobre. Il suo nome però rimase a lungo connesso al rapimento del 18 aprile 1974 da parte delle Brigate Rosse, quando lo sequestrarono dopo essere sceso dall’autobus a Genova. L’uomo fu caricato su un’auto guidata da Alberto Franceschini e furono circa in 20 a prendere parte al suo sequestro. Durante i giorni del rapimento, 33 in tutto, fu sottoposto ad un vero e proprio processo da parte delle Br. Lì fu decisa la sua morte, poi barattata con la liberazione di otto componenti del gruppo XXII Ottobre. Nonostante il parere favorevole della Corte d’Appello di Genova alla libertà provvisoria, il procuratore generale si rifiutò di controfirmare l’ordinanza di scarcerazione degli 8 terroristi presentando ricordo in Cassazione. Sossi fu comunque liberato a Milano, il 23 maggio di quell’anno.



MARIO SOSSI È MORTO: EX GIUDICE RAPITO DALLE BRIGATE ROSSE

Della sua liberazione Mario Sossi non avvertì nessuno ma fece ritorno in solitaria a Genova, in treno. Due anni dopo il procuratore Francesco Coco fu assassinato a Genova  insieme a due uomini della scorta, dalle Brigate Rosse come “rappresaglia”. Alberto Franceschini, esponente di spicco delle Br, all’AdnKronos ha commentato la morte di Sossi: “Mi dispiace, non ne sapevo nulla, sarà morto di vecchiaia, penso avesse una certa età”. Lo stesso Franceschini ha poi ricordato quanto avvenuto nei giorni del sequestro: “E’ una storia di 50 anni fa. Una storia dove ognuno ha fatto la sua parte: io come carnefice e lui come vittima”. In merito alla lunga detenzione dell’ex giudice infine ha aggiunto: “Furono 33 giorni agli inizi molto tesi, ma poi, nel corso del sequestro la cosa andò a scemare, lui capì che non era in pericolo di vita”. Ed a conferma di ciò ha aggiunto: “Addirittura quando lo liberammo a Milano si dovette pure difendere dal sospetto di Dalla Chiesa, che pensò fosse diventato nostro complice, per il grado di dialogo che ci fu con noi quando era nelle nostre mani”.

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