ULTIMATUM RUSSIA A UCRAINA: “LASCIATE MARIUPOL”. KIEV RIFIUTA

«Gettate le armi, avete tempo fino alle 3 del mattino»: questo l’ultimatum lanciato ieri sera dalla Russia contro le autorità ucraine di Mariupol, la città sul Mar d’Azov da quasi un mese circondata e assediata dall’esercito russo e dalle forze filo-Mosca del Donbass.



Dopo lo stop ai corridoi umanitari riaperti ieri – altre migliaia di persone sono riuscite a fuggire verso Ovest – il Cremlino prova a puntare tutta l’offensiva nell’area sud-est del Paese sulla grande città portuale ormai resa spettrale dagli attacchi di queste settimane. L’appello del presidente del Centro di Controllo di Difesa Nazionale Russo, Mikhail Mizintsev, è rivolto al Governo di Kiev ma anche alle stesse autorità locali: «Le autorità di Mariupol ora hanno l’opportunità di fare una scelta e mettersi dalla parte della popolazione, in caso contrario il tribunale militare che li attende è solo il minimo di quel che meritano per i loro terribili crimini, che la Russia sta documentando con molta cura». La risposta è giunta immediata ed è ovviamente negativa: nessuna resa, non si cessa la battaglia e non saranno consegnate le armi. «Non ci può essere discussione su nessun tipo di resa o sulla deposizione delle armi», ha detto la vicepremier ucraina Irina Vereshchuk informando la comunità internazionale della risposta data alla Russia, «Ho scritto: ‘Invece di perdere tempo per scrivere una lettera di 8 pagine, aprite il corridoio. Abbiamo informato le Nazioni Uniti e la Croce rossa internazionale, aspettiamo una risposta dalla comunità internazionale’».



LA DENUNCIA DEL SINDACO DI MARIUPOL: “DEPORTANO I CIVILI”

Tra vittime, fughe e corridoi umanitari nei giorni scorsi, a Mariupol si stima vi siano ancora 130mila civili assediati e in condizioni sociali ai limiti della catastrofe: da settimane il sindaco della città sul Mar d’Azov denuncia la quasi mancanza di viveri, elettricità e acqua. Le organizzazioni umanitarie stanno comunque operando in Mariupol e qualche sostegno sono riusciti a darlo, ma per i più di centomila cittadini ancora presenti il futuro è tutt’altro che roseo in una città che cade a pezzi devastata dai raid russi in funzione a “intermittenza”. Secondo Mosca, le forze armate ucraine utilizzerebbero i cittadini come scudi umani; secondo Kiev invece, a Mariupol sono in corso «crimini di guerra indegni, stupri e deportazioni», denuncia il Presidente Zelensky in uno degli ultimi video alla nazione. Ancora ieri il sindaco Vadym Boichenko ha rilanciato un’informativa poi ripresa anche dall’ambasciatrice Usa presso l’ONU: «Migliaia di persone deportate da Mariupol alla Russia», denuncia che arrivata fino al Vaticano dove ieri Papa Francesco ha tuonato per la barbarie delle condizioni a cui sono costretti i civili («una guerra ripugnante, disumana e sacrilega» ha detto durante l’Angelus). Sempre per le autorità di Mariupol «i cittadini sono stati portati in remote città russe come fecero i nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale: Gli occupanti hanno portato illegalmente le persone fuori dal distretto di Livoberezhny e da un rifugio antiaereo nell’edificio di un club sportivo, dove più di mille persone, per lo più donne e bambini, si nascondevano dai bombardamenti». Mosca smentisce su tutta la linea e conferma l’apertura del corridoio umanitario (anche se in realtà è stato stoppato ieri sera e negli accordi di oggi non è previsto il cessate il fuoco temporaneo come invece avvenuto in altre 8 città ucraine): di contro, il consigliere del ministro degli Affari interni Vadym Denisenko, parlando a Rada Tv afferma «La situazione a Mariupol è catastrofica. Combattimenti sono ancora in corso, ma è stata distrutta l’acciaieria, uno dei più grandi impianti d’Europa».

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