MAROCCO VS PARLAMENTO UE: LA RISOLUZIONE SULLA LIBERTÀ DI STAMPA
Siamo di fronte alla prima vera crisi diplomatica e istituzionale tra Marocco ed Unione Europea in 25 anni di relazioni proficue e redditizie: il caso Qatargate e i presunti tentativi di corruzione operati da Qatar e per l’appunto Marocco su alcuni membri del Parlamento Ue hanno provocato una “valanga” nelle relazioni diplomatiche delle due istituzioni, ora difficilmente frenabile. Dopo la risoluzione dello scorso 19 gennaio che impegna il Parlamento Ue a contestare il trattamento di Rabat contro la libertà di stampa, è giunta durissima la replica del Parlamento marocchino nel voto consumatosi lunedì 23 gennaio che in pratica impone di “rivedere le relazioni” tra Marocco ed Europa.
Facciamo però un rapido passo indietro per capire da dove nasce la cruda e netta reazione del Governo di Aziz Akhannouch: l’Europarlamento la scorsa settimana ha votato una risoluzione sulla situazione dei giornalisti in Marocco, in particolare chiedendo l’immediato rilascio per Omar Radi, Souleimen Raissouni e Taoufik Bouachrine e «tutti i giornalisti in prigione, e la fine delle vessazioni nei confronti di tutti i giornalisti del Paese, nonché dei loro avvocati e delle loro famiglie». Il Parlamento Ue condannava nella stessa risoluzione l’uso improprio che il Marocco farebbe delle accuse di violenza sessuale «per scoraggiare i giornalisti dal fare il loro lavoro». Non solo, nel medesimo testo l’Eurocamera esprimeva «profonda preoccupazione per le accuse di corruzione nei confronti di alcuni deputati e chiede l’applicazione delle stesse misure applicate ai rappresentanti del Qatar. I deputati ribadiscono inoltre l’impegno a indagare e ad affrontare in modo approfondito i casi di corruzione nei quali sono coinvolti paesi terzi che tentano di acquisire influenza in seno al Parlamento europeo». Da ultimo, la risoluzione europea esorta il Marocco a porre fine «alla sorveglianza digitale dei giornalisti, anche attraverso il software spia Pegasus, e chiedono ai Paesi dell’UE di interrompere l’esportazione di tecnologia di sorveglianza in Marocco». La risoluzione non legislativa è stata adottata in data 19 gennaio con 356 voti a favore, 32 contrari e 42 astensioni.
CRISI MAROCCO-UE: IL VOTO DI RABAT E COSA SUCCEDE DOPO IL CASO QATARGATE
La storia ovviamente nasce da più lontano in quanto i cronisti citati dal Parlamento Ue sono stati condannati lo scorso anno in appello per abusi sessuali, pare, solo per aver criticato aspramente le autorità del Marocco su presunti affari loschi. Tanto Radi, quanto Raissouni – condannati rispettivamente a 6 anni e 5 anni – affermano di essere innocenti e di essere stati colpiti solo a causa delle loro opinioni. Le autorità di Rabat, di contro, insistono sul fatto che la magistratura è indipendente e che i casi contro i giornalisti «non hanno nulla a che fare con il giornalismo». Dopo la risoluzione del Parlamento Ue però la situazione si è fatta ben più incandescente sull’asse Rabat-Bruxelles tanto da portare ieri un voto storico presso il Parlamento centrale marocchino.
Le due Camere riunite il 23 gennaio hanno votato un atto che pone la necessità di rivedere le relazioni tra Parlamento Ue e Stato marocchino: «Una campagna tendenziosa che prende di mira il Marocco e che ha come atto finale l’adozione della risoluzione del 19 gennaio scorso, a favore dei giornalisti», attacca la nota Rachid Talbi Alami, presidente della Camera dei rappresentanti, aggiungendo subito dopo come «Il Parlamento marocchino prende nota con grande stupore e profonda costernazione di questa risoluzione che nuoce gravemente al capitale di fiducia tra le due istituzioni legislative, e mina profondamente ai risultati positivi del lavoro in comune di numerosi decenni». Rabat ritiene che Bruxelles «si sia lasciato trascinare da alcuni circoli ostili al suo interno, in una campagna di false accuse rivolte a un interlocutore tradizionale e credibile, che svolge ruoli di primo piano nella tutela dei diritti e delle libertà, e nella difesa delle e la pace e la sicurezza internazionali». Il Regno del Marocco perciò, con tutte le sue componenti riunite, «denuncia vigorosamente i tentativi ostili di minare gli interessi del Marocco e di offuscare la sua immagine, nonché le profonde e storiche relazioni che legano il Marocco e l’Unione europea; relazioni che si fondano su un fondamento di valori condivisi e interessi comuni». La risoluzione del Parlamento Ue, infine, costituisce un «inammissibile superamento delle sue prerogative e attribuzioni e un inaccettabile attacco alla sovranità, alla dignità e all’indipendenza delle istituzioni giudiziarie del Marocco». Per questi motivi, il Parlamento marocchino «ha deciso di riconsiderare i suoi rapporti con il Parlamento europeo e di sottoporli a una valutazione complessiva». Da ultimo, il parlamento arabo ricorda all’Europa di guardare in casa propria, specie sui «problemi dei migranti e rifugiati e delle minoranze all’interno della società europea, nonché le discriminazioni e le restrizioni che subiscono e che sorgono a livello di flagranti violazioni delle convenzioni internazionali sui diritti umani». Dalla libertà di stampa al caso Qatargate, i rapporti tra Marocco e Parlamento Ue sembrano essere in forte crisi specie dopo che nelle scorse settimane la procura federale belga ha elencato una serie di accuse gravissime contro il Regno marocchino nel tentativo di corrompere alcuni funzionai Ue: come riporta Repubblica su fonte diretta dei pm belgi, «Al vertice dello schema con cui gli investigatori illustrano il sistema che ha portato alle infiltrazioni marocchine nel Parlamento Europeo, c’è Yassine Mansouri, direttore della DGED, il potente servizio segreto che lavora per Rabat. A lui vengono attribuiti due contatti diretti con esponenti della “cricca”. Uno, verificato, con l’eurodeputato del Pd Francesco Cozzolino che lo avrebbe incontrato almeno una volta. L’altro con Panzeri che secondo gli investigatori potrebbe aver visto Mansouri due volte, a luglio e a ottobre del 2021».