Maroua Morchid, calciatrice della Pro Vercelli: “Non mi sarei mai tolta il velo, l’ho sempre usato in partita”

Era entrata da pochi minuti per sostituire una compagna infortunata nel match contro il Torino femminile Under 19, ma quella partita non l’ha potuta concludere per decisione del direttore di gara. Maroua Morchid, calciatrice marocchina della Pro Vercelli, è stata infatti invitata dall’arbitro a togliere il burkino col quale stava giocando e davanti al rifiuto il direttore di gara ha deciso di decretare la fine della partita. Episodio di razzismo o troppa attenzione al regolamento? Da una parte, la Pro Vercelli, e dall’altra, l’AIA, le versioni sono diverse e solo Maroua Morchid sa come interpretare le parole del giovane arbitro suo coetaneo.



Intervistata da La Stampa, Maroua Morchid, la calciatrice classe 2005 ha spiegato: “Son rimasta sorpresa davanti a quella richiesta. Nelle altre partite avevo sempre giocato indossando il burkino e nessuno aveva mai riscontrato problemi. È il velo sportivo, che si usa su tutti i campi. Io non avrei mai tolto il velo: piuttosto sarei uscita dal campo. Le mie compagne, ma non solo loro, anche le avversarie, di fronte a quella richiesta, si sono arrabbiate più di me: l’arbitro ha quindi fischiato la fine del match. Praticamente era il 90′“.



Maroua Morchid, AIA difende l’arbitro: nessun atto di razzismo, ha applicato il regolamento!

Maroua Morchid si è detta sorpresa per quanto accaduto: “È stato bello vederle schierarsi dalla mia parte. Per me il velo ha un significato importante: fa parte di me, della mia vita. Mi fa sentire me stessa. Ha un significato profondo, più forte dello sguardo degli altri”. La Pro Vercelli, per conto della vice presidente Anita Angiolini, ha dichiarato: “È stato un episodio spiacevole. Non mi permetto di giudicare il comportamento del direttore di gara ma sicuramente avrebbe dovuto utilizzare più buon senso e sensibilità. Il rispetto del prossimo passa da piccoli gesti e sicuramente permettere ad una ragazza di giocare con il velo, come prescritto dalla propria religione, non deve essere fonte di discriminazione”.



L’AIA, l’Associazione Italiana Arbitri, dal canto suo ha difeso il giovane arbitro. Il presidente della sezione Aia di Casale Monferrato, Williams Monte, fa quadrato attorno al direttore di gara: “Il nostro tesserato mi ha riferito che non aveva nessuna intenzione di offendere la sensibilità della calciatrice. Ha agito per tutelare la sicurezza della ragazza. Lui le ha chiesto di togliere lo scaldacollo, che però era integrato al velo: in un’azione di gioco, se fosse stata strattonata, sarebbe potuta finire strozzata. Non possiamo far passare un ragazzino di 16 anni come razzista”.